Dott. Andrea Borini
Direttore di 9.baby – Family & Fertility Center, 9.baby – Family and Fertility Center
Categoria:
Età materna avanzata
In questa sessione il Dott. Andrea Borini, Direttore di 9.baby – Family & Fertility Center, ha spiegato quali conseguenze, tra cui la diminuzione della capacità riproduttiva, comporta l’età della donna oltre i 40 anni.
CAMBIAMENTI SOCIODEMOGRAFICI
In tutta la parte occidentale del mondo si è verificato un grande mutamento socio demografico dovuto soprattutto al fatto che le coppie rinviano sempre di più il momento della maternità e quindi l’età materna in cui si ha il primo figlio si è fortemente spostata in avanti, come mostrato nel grafico, questo problema non è solamente italiano ma nel nostro paese, come vediamo evidenziato dal colore arancione, è molto presente e l’età media in cui nasce il primo figlio si attesta al di sopra dei 30 anni, così come ad esempio per Spagna e Grecia; in tutti questi paesi si rimanda l’inizio della gravidanza e questo, essendo noto che l’età della donna è uno dei fattori principali per la diminuzione della fertilità fa sì che quest’ultima aumenti notevolmente. Nella slide successiva possiamo vedere, tramite il grafico realizzato dal registro nazionale PMA (il che ci garantisce un’assoluta attendibilità) come negli anni (nello specifico dal 2005 al 2018 che è l’arco di tempo preso in oggetto dallo studio) la distribuzione dei cicli di fecondazione in vitro, sia ICSI che FIV ET, senza tenere in considerazione i trattamenti effettuati tramite la donazione di gameti, nella fascia di età al di sopra dei 40 anni , ci mostra che l’aumento in percentuale dell’età media in cui si decide di aver il primo figlio ha portato ad aver addirittura un 34% di coppie in cui la donna ha un’età pari o superiori a quella indicata , ciò significa che almeno un terzo delle coppie che si rivolgono ai centri di fecondazione assistita ,privati, pubblici o convenzionati per seguire questo percorso ha più di 40 anni. Nel grafico successivo possiamo vedere come, con l’aumentare dell’età diminuisca la possibilità di ottenere una gravidanza, con le barre in blu possiamo vedere i dati relativi ai trattamenti a fresco, con quelle verdi vediamo invece le percentuali di gravidanza cumulata, dato importante poiché quest’ultima, oggi che è possibile avere embrioni congelati, e quindi embrioni in sovrannumero, permette alle coppie di effettuare un ciclo di stimolazione ma avere poi un numero di possibilità di gravidanze molto più alto; dal grafico possiamo vedere come nella fascia di età compresa tra i 40 e i 42 anni le percentuali siano buone mentre superati i 43 si abbassa notevolmente. Del problema relativo all’aumentare dell’età in cui si sceglie di avere la prima gravidanza, non si occupano solo scienza e medicina, ma il dibattito si sposta anche sul piano sociologico con un impatto importante, persino il NEW YORK TIMES si occupa di problematiche di donne e gravidanze al di sopra dei 40 anni e ci dice che oltre 100.000 donne americane ogni anno hanno figli in questa fascia di età, così come il THE GUARDIAN scrive al riguardo, dicendo che in Inghilterra sempre più donne hanno figli oltre i 40 anni ponendo l’accento su quanto questo sia veramente o meno solo un problema di scelta della donna; questo tema ha una discreta rilevanza tanto da essere dibattuto anche a livello politico sebbene, soprattutto in Italia sia abbastanza difficile arrivare ad una soluzione.
IL SUCCESSO DELLE TECNICHE DI PMA DA COSA DIPENDE
Tornando ad analizzare invece il problema da un punto di vista più tecnico, vediamo cos’è che permette di avere successo con una fecondazione assistita. Nella slide possiamo notare come il riferimento principale sia quello della cellula uovo, quest’ultima estremamente più importante, in termini di capacità dell’embrione di crescere, di quanto non lo sia lo spermatozoo, quest’ultimo è assolutamente indispensabile per portare il patrimonio genetico e cromosomico, ma non nella stessa misura in cui ha rilevanza la cellula uovo. I fattori principali che danno successo alle tecniche, come possiamo vedere sono, la qualità ovocitaria, che sappiamo diminuire con l’aumentare dell’età, (vedremo più avanti che esiste una correlazione tra l’aumento delle alterazioni cromosomiche negli ovociti che determinano una diminuzione della capacità di questi embrioni di diventare un bambino e l’aumento dell’età) la quantità degli ovociti a disposizione e la qualità degli embrioni.
QUL’E’ IL NUMERO DI OVOCITI OTTIMALE?
In letteratura ad oggi è in corso un grosso dibattito in merito a quale sia il numero ottimale di ovociti per ottenere una gravidanza, ma possiamo vedere che in linea di massima questo numero si aggira attorno ad un valore pari a 15, ovviamente avere più ovociti significa avere una maggiore possibilità di successo; come si può vedere nel grafico relativo allo studio che è stato svolto dal Dottor Borini, suddividendo in gruppi per numero di ovociti, si può osservare come la percentuale di bambini che nascono (non il numero di gravidanze ottenute) sia su fresco, indicati in azzurro, che su transfer, indicati in verde, così come la percentuale delle gravidanze cumulative (utilizzando tutti gli ovociti che si hanno a disposizione e quindi, successivamente utilizzando ovociti congelati o embrioni congelati) aumenti all’aumentare del numero di ovociti disponibili arrivando ad un valore pari a 15 in corrispondenza del quale si raggiuge una sorta di plateau dove non si riscontra più una grandissima differenza con quanto si verifica in presenza di un numero di ovociti maggiore; questo numero si avvicina anche a quello che è indicativamente il tempo nel quale le coppie dovrebbero tentare di cercare una gravidanza prima di preoccuparsi al riguardo, quindi potremmo dire che tutto ritorna a quello che è il normale modo di vedere la capacità di fare un figlio ovvero avere rapporti per più mesi, tenendo conto che ogni mese si ha a disposizione UNA cellula uovo che può diventare un embrione e che può dare un bambino; se questo non avviene il mese successivo tentiamo nuovamente e quello successivo ancora e questo per circa 12/18 mesi essendo questo il calcolo che è stato fatto indicativamente per evitare di iniziare a fare esami e ricerche di problematiche che poi potrebbero non esistere, proprio perché se l’embrione che si è formato non è destinato a dare un bambino non si avrà un bambino, con la fecondazione assistita, questi 15/16 ovociti, simulano, in un ciclo di stimolazione, quello che potremmo avere in un anno di rapporti nel giorno giusto. Nello schema successivo possiamo vedere come, dividendo per fasce di età, nel terzo gruppo (quello riferito ai 39/42 anni) abbiamo una risposta ovocitaria che consente di avere percentuali cumulative in aumento mentre nel gruppo 4 (dai 43 ai 45 anni) le percentuali non hanno un aumento significativo ma sono piuttosto stabili e non abbiamo particolari miglioramenti nemmeno all’aumento del numero di ovociti.
Riassumendo possiamo quindi dire che (vedi schema nella slide): Il numero di ovociti recuperati è un fattore predittivo di gravidanza e che esiste una forte associazione tra il numero di ovociti recuperati e la percentuale di successo, perciò maggiore è il numero di ovociti maggiore sarà il numero di embrioni (quindi transfer e/o congelamento) e di conseguenza maggiore sarà il numero d gravidanze cumulative; questo è un dato molto importante che deve essere sempre tenuto in considerazione.
ETA’ MATERNA E ANEUPLOIDIE
Il grafico ci mostra come all’aumentare dell’età aumenti la percentuale di aborto, diminuisce la percentuale dei bambini nati vivi e questo perché aumenta la percentuale degli embrioni che hanno aneuploidie (cioè embrioni che non hanno un numero corretto di cromosomi) quindi non in grado di crescere e che spesso non danno poi origine ad una gravidanza o determinano una gravidanza che una volta iniziata terminerà con un aborto; nell’ulteriore schema in basso a destra è visibile quanto sia elevata la percentuale di aneuploidie anche negli aborti che si verificano dopo fecondazione in vitro ed icsi, sempre in corrispondenza dell’aumento dell’età.
QUANTI OVOCITI OCCORRONO PER SVERE UN EMBRIONE EUPLOIDE?
All’interno del centro del Dottor Borini è disponibile un programma che si occupa di diagnosi preimpianto (ovvero effettuare tutte le valutazioni atte a capire se quella specifica blastocisti formatasi ha un assetto cromosomico corretto oppure no) e grazie a questo possiamo valutare un altro dato interessante cioè la relazione tra il numero di ovociti necessari per avere una blastocisti euploide, quindi con il corretto assetto cromosomico, e la fascia di età di riferimento; se osserviamo la grafica presente nella slide possiamo infatti vedere che nella fascia di età di nostro interesse questo numero aumenta notevolmente , passiamo infatti da un valore 8,6 nella fascia 38/39 a 13,3 nella fascia 40/42 fino ad arrivare a 67,2 per le pazienti di età compresa tra i 43 e i 44 anni, questo ci fa comprendere perché sia difficile avere gravidanze dopo i 40 anni e perché sia alta la probabilità del verificarsi di aborti dimostrandoci, da una parte quanto sia importante avere un alto numero di ovociti e che, qualora non si riuscissero ad avere questa grande quantità durante la stimolazione quanto sia importante non perdersi d’animo ma provare con ulteriori tentativi per arrivare ad avere un maggior numero di ovociti a disposizione.
QUAL’E’ L’ETA’ DA CONSIDERARE LIMITE PER SMETTERE DI TENTARE?
Spesso in letteratura ci si è poi chiesti quale fosse l’età “limite”, l’età oltre la quale sarebbe opportuno smettere di tentare, secondo un dato pubblicato nel 2009 la percentuale di gravidanza, dopo i 44/45 anni si abbassa notevolmente e nella tabella in basso a sinistra possiamo vedere come, tramite uno studio americano sia risultato che dopo i 45 anni la percentuale di parto è praticamente nulla, anche nei nostri centri abbiamo riscontrato una veridicità di quanto fino ad ora detto considerando che su un’operatività che dura da oltre 30 anni abbiamo complessivamente 4 bambini nati da donne di età pari a 46 anni che avevano effettuato un trattamento ( va per correttezza detto che spesso molte coppie una volta valutato al primo incontro le difficoltà che si possono incontrare nell’intraprendere questo percorso con pazienti al di sopra dei 45 anni decidono di rinunciare).
IL RISCHIO OSTETRICO.
Oltre i 40 anni va poi tenuto in considerazione quello che è il rischio da un punto di vista ostetrico stante il fatto che per poter riuscire ad avere un bambino non è sufficiente sottoporsi ad un trattamento di fecondazione assistita, (se non si riesce ad averne in maniera spontanea) ma è necessario poi riuscire a portare a termine la gravidanza e, come si può vedere nello schema i rischi ostetrici a cui si può andare incontro, per pazienti al di sopra dei 40 anni hanno percentuali molto più alte rispetto a quelli che si hanno in età inferiori. Nella diapositiva successiva possiamo vedere, grazie ai dati reperiti sempre tramite il registro nazionale PMA (che corrisponde al dato ufficiale che abbiamo in Italia in relazione all’esito delle gravidanze) la percentuale di gravidanze con esito negativo, (senza prendere in considerazione la donazione di gameti) in relazione alla fascia di età e vediamo che questa aumenta notevolmente con l’aumentare dell’età della paziente , si parte da un20,4% al di sotto dei 34 anni fino ad arrivare a quasi il 58% nelle donne al di sopra dei 43 anni.
CONSEGUENZE PSICOLOGICHE DI UN ABORTO
La conseguenza psicologica della perdita di un inizio di gravidanza ottenuto con grande difficoltà dopo aver intrapreso anche un percorso di fecondazione assistita, non deve essere sottovalutato, si tratta di una sofferenza emotiva importantissima e spesso può essere richiesto un supporto sociale per poter superare la perdita fino ad arrivare alla richiesta, da parte delle pazienti, di un supporto psicologico per poter ripartire e cercare nuovamente una gravidanza. Che ci si trovi di fronte ad un aborto spontaneo o terapeutico per problematiche legate alla salute del bambino, è necessario sempre un periodo di tempo per l’elaborazione del lutto e questo va ad incidere non solo sulla psiche della donna ma anche del partner e sulle dinamiche della coppia.
FECONDAZIONE ETEROLOGA
Cosa è possibile fare dunque ad oggi per aiutare le coppie in difficoltà? Molti pazienti decidono di passare al percorso della fecondazione eterologa, esiste una soluzione intermedia a cui si potrebbe ricorrere e cioè quella di effettuare una fecondazione in vitro eseguendo diagnosi sugli embrioni per la ricerca di eventuali aneuploidie, procedimento che, sebbene non possa garantire di avere un embrione euploide fa sì che le coppie non debbano effettuare transfer con esiti negativi o addirittura incorrere nella triste eventualità dell’aborto, tenete in considerazione che dai dati odierni la percentuale di aborti, anche nelle donne al di sopra dei 43 anni, scende a circa il 12% nel caso in cui vengano trasferiti embrioni euploidi, questo dimostra che la PCTA cioè la diagnosi sulle alterazioni cromosomiche aiuta a diminuire tutta la parte legata all’insuccesso del trattamento stesso e per molte coppie, soprattutto per molte donne è diventata una conditio sine qua non a fronte di un percorso di fecondazione assistita. Per quanto riguarda la fecondazione di tipo eterologo si può vedere in grafica che i numeri relativi al 2018 sono molto alti con un numero di bambini nati pari a 2002 e nella prossima relazione che verrà presentata dal ministro della salute al parlamento, per quanto riguarda i dati relativi al 2019 questi numeri saranno notevolmente aumentati perché parliamo di oltre 11000 trattamenti iniziati. Tutto questo è possibile grazie al fatto che la possibilità di accedere a trattamenti con ovociti di donne al di sotto dei 34 anni permette di avere un notevole aumento delle percentuali di riuscita;
LA DONAZIONE DI OVOCITI
Nella slide possiamo vedere tutte le condizioni mediche in presenza delle quali è possibile accedere alla fecondazione eterologa e possiamo vedere che l’età materna avanzata è considerata una delle circostanze in cui si può procedere con questo trattamento; nel grafico successivo possiamo notare come nel caso di donazione di ovociti, la percentuale preponderate di coppie che decide di accedere a questo tipo di trattamento è relativa a coppie in cui la donna, per quasi il 59% è al di sopra dei 43 anni, nei casi di doppia donazione la percentuale è ancora relativamente alta mentre quando parliamo di sola donazione di seme la percentuale si abbassa notevolmente , questo ci dimostra che il trattamento con donazione di ovociti è una procedura particolarmente indicata per le paziente con un’età superiore ai 43 anni .Nella slide successiva possiamo vedere i risultati relativi agli esiti negativi in relazione al tipo di trattamento effettuato e vediamo che nella fascia di età di nostro interesse in caso di trattamenti con donazione di seme sale molto la percentuale di aborto se parliamo invece di donazione di ovociti le percentuali sono tra loro piuttosto vicine in tutte le fasce di età, così come quando si opta per la doppia donazione( cioè ovociti e seme); questo rimarca ulteriormente quanto l’età della donna sia altamente rilevante rispetto a quella dell’uomo in relazione al successo del trattamento.
Le alterazioni cromosomiche consistono tipicamente in anomalie nel numero dei cromosomi (il loro aumento o la loro diminuzione). In pratica ci possono essere tre cromosomi (trisomia) anziché due o uno solo (monosomia) anziché due. Si riscontrano maggiormente al crescere dell’età materna. In caso di presenza di alterazioni cromosomiche o malformazioni aumenta il rischio di aborto.
I follicoli antrali sono follicoli molto piccoli di 7-10 mm presenti in giornata 2-4 del ciclo. Dovrebbero esserci 12-15 follicoli complessivi nelle due ovaie.
Assolutamente si anzi, queste pazienti hanno normalmente un alto numero di ovociti recuperati e di conseguenza vedono aumentata la loro probabilità cumulativa, ovviamente non è necessario recuperare un numero troppo alto di ovociti per vedere aumentare quest’ultimo valore.
Sostanzialmente è la medesima; la possibilità di avere una gravidanza gemellare monozigote da un embrione solo trasferito, non dipende dall’età della donna ma dalla blastocisti stessa, tecnicamente la protrusione che l’embrione fa per impiantarsi nell’endometrio all’interno dell’utero è già presente nel momento in cui la andiamo a trasferire e questo può portare ad avere una doppia placenta e quindi una divisione dell’embrione.
Prima che in Italia venisse vietata la fecondazione eterologa, noi fummo tra i primi al mondo ad avere una donna di 56 anni che portò a termine una gravidanza, dopo aver modificato i dati dei propri documenti per paura che le fosse impedito di effettuare il trattamento. Conseguentemente a questo abbiamo effettuato moltissimi studi ed ho personalmente effettuato numerosi incontri in tutto il mondo proprio per parlare delle gravidanze dopo i 50 anni; ciò che è emerso è una minore sicurezza nelle gravidanze al di sopra dei 50 anni rispetto a quelle al di sotto di questa età così come a 50 è meno sicura rispetto a quanto non lo sia al di sotto dei 40, parliamo di sicurezza in relazione a tutte quelle patologie ostetriche che si possono instaurarsi, come l’ipertensione gravidica, il diabete gravidico o la gestosi, quest’ultima è una patologia potenzialmente letale per la donna e per il bambino stante la possibilità che si presenti un quadro di CID, coagulazione intravascolare disseminata (di cui abbiamo spesso sentito parlare nell’ultimo periodo poiché il coronavirus ha portato anche a queste situazioni cliniche) ovvero trombosi disseminate nel corpo della gestante che possono portare alla morte della paziente; diventa quindi necessario intervenire in anticipo facendo partorire la paziente tramite un cesareo d’urgenza e questo talvolta può avvenire molto presto, intorno alla ventiseiesima, ventisettesima o ventottesima settimana potendo causare nel bambino problemi di eccessiva prematurità.
Concordo con la sua dottoressa in merito al fatto che non sia necessario indagare per vedere se la tuba sia aperta o meno poiché lei ha avuto una gravidanza con riscontro positivo, (purtroppo terminata con un aborto) e questo ci dice che la tuba ha funzionato. Ritengo che alla sua età sia utile accedere alla fecondazione in vitro perché questo le permetterebbe di aumentate nello spazio di un mese, le probabilità che lei potrebbe avere nel doppio del tempo poiché, avendo solo una tuba ha la possibilità di rimanere gravida solo nel mese in cui ovula in corrispondenza della tuba mentre nel mese in cui ovula dove la tuba non è presente, non può instaurarsi una gravidanza; considerando che a 40 anni è importante prestare attenzione al passare del tempo poiché all’aumentare dell’età diminuiscono le probabilità di riuscita, ritengo possa essere utile tentare con una fecondazione in vitro effettuando magari una diagnosi sugli embrioni per cercare di riuscire ad ottenere la gravidanza il prima possibile.
Normalmente dopo la decima settimana; soprattutto dopo i 40 anni, ma già dopo i 30, solitamente l’evento aborto si verifica intorno alla sesta, settima o ottava settimana, dopo la decima settimana la percentuale di questi diminuisce sensibilmente.
Solitamente si sceglie di trasferire una singola blastocisti perché questo stadio di sviluppo viene raggiunto dopo che l’embrione è stato tenuto in coltura per 5 giorni, si sceglie questa procedura poiché buona parte degli embrioni che si formano, smettono di crescere nei primi 5 giorni e il numero di embrioni che abbiamo tra il secondo terzo quarto e quinto giorno, cala sensibilmente di giorno in giorno; In passato si trasferivano 4 o 5 embrioni per volta perché i terreni di coltura, non erano molto affidabili e in molti casi nessuno di questi embrioni riusciva ad impiantarsi, in taluni altri invece accadeva che ci trovassimo di fronte a 4 o 5 embrioni che attecchivano correttamente; negli anni fortunatamente sono migliorate le qualità della capacità di coltura, soprattutto nei laboratori dei centri più performanti e quindi ad oggi possiamo ridurre il numero di embrioni che trasferiamo, a parità di gravidanze ottenute poiché sappiamo che quando si trasferiscono più embrioni, se questi sono di buona qualità, possono verificarsi gravidanze multiple con tutti i problemi che ne derivano dato che la gemellarità può vedere il verificarsi di parti prematuri che sappiamo possono essere particolarmente complicati. Oggi si sceglie di arrivare a blastocisti e se ne trasferisce una per volta, in risposta al desiderio delle coppie che spesso vogliono avere un solo bambino. Diversa ad esempio è la situazione negli stati uniti dove la maggior parte delle pazienti sa che una volta ottenuta una gravidanza non vorrà affrontarne una ulteriore e quindi chiede anche in caso di ovodonazione che vengano trasferite più blastocisti per poter aver i due bambini desiderati.
Il problema dell’endometrio sottile, o l’eventualità che si possa essere in presenza di una sindrome di Asherman (patologia caratterizzata dalla formazione aderenze o tessuto cicatriziale all’interno dell’utero), non significa che sia certamente impossibile avere una gravidanza, basti pensare ai casi di gravidanze extrauterine in presenza delle quali l’embrione si impianta nella tuba in piccoli frustri di tessuto endometriale; normalmente, nella maggior parte dei casi nel momento immediatamente precedente l’ovulazione, l’endometrio ha uno spessore compreso tra i 7 e i 10 millimetri, se l’endometrio della paziente ha uno spessore molto inferiore a quello descritto è probabile che non si verifichi l’impianto e questo indubbiamente diminuisce la probabilità di avere un bambino.
E’ importante prendere in considerazione quanti trattamenti sono stati effettuati e quanti embrioni sono stati trasferiti; se ad esempio la coppia sopra i 40 anni ha prodotto uno o due embrioni per ciclo e ha effettuato due o tre cicli (colgo l’occasione per sfatare il luogo comune secondo il quale dopo tre cicli non si avranno gravidanze), siamo di fronte ad una coppia che ha trasferito cumulativamente non più di 6 embrioni ed ha quindi simulato sei mesi di rapporti nel giorno giusto, direi che forse è presto per abbandonare il percorso, ovviamente parlando da un punto di vista meramente clinico e biologico e non emotivo; se per ultima opzione disponibile si intende l’ipotesi di utilizzare i propri ovociti suggerisco di effettuare il transfer solo dopo aver effettuato la diagnosi cromosomica sugli embrioni, se invece si pensa all’eventualità di effettuare una procedura di tipo eterologo questa migliora enormemente le possibilità ma ovviamente la valutazione di accedere a questo tipo di trattamento è individuale e viene valutata di volta in volta dalle singole coppie.
Un aborto così precoce, non lascia strascichi particolari, direi che si può attende una mestruazione spontanea e poi procedere nuovamente.
Nelle pazienti al di sopra dei 40 anni è richiesto di monitorare con maggiore attenzione solo la parte relativa alla pressione arteriosa per evitare la gestosi, il monitoraggio è utile per vedere le condizioni generali della paziente, non tanto per la gravidanza di per se.
Quando parliamo di riserva ovarica, ci riferiamo al numero di ovociti disponibili nell’ovaio, questa quantità può diminuire per problematiche genetiche o per problematiche chirurgiche, una paziente ad esempio che avesse subito l’asportazione di una parte dell’ovaio, avrà ovviamente una riserva ovarica inferiore e questo può verificarsi indipendentemente dall’età della paziente essendo strettamente correlato ad una condizione individuale della paziente; certamente il diminuire della riserva ovarica è strettamente legato all’aumentare dell’età pertanto una donna di 43 anni avrà una riserva ovarica ridotta rispetto ad una donna di 25 anni; la qualità degli ovociti invece, indica la capacità del singolo ovocita di generare un embrione che sarà in grado di svilupparsi e questo è indipendente dal numero di ovociti disponibili sebbene, è evidente che avere un alto numero di ovociti aumenta la probabilità di essere in presenza di ovociti di buona qualità.
A Bologna, ma non solo, abbiamo quello che tecnicamente viene chiamato incubatore time-lapse; si tratta di una strumentazione in grado di fotografare l’embrione nel periodo in cui si trova nell’incubatore e poi ricostruire una sorta di filmato, (simile a quello in cui si vedono le nuvole muoversi velocemente) tramite il quale possiamo conoscere tempi e modi di divisione dell’embrione e quanto questo si divida in maniera adeguata. Indubbiamente questa procedura ci permette di avere informazioni migliori rispetto a quelle che possiamo ottenere andando a controllare ogni tanto l’embrione prelevandolo dall’incubatore, ma non è paragonabile alla diagnosi preimpianto poiché ad oggi non siamo ancora in grado di comprendere, solo tramite le modalità di divisione, quali embrioni sono euploidi e quali no, quindi la diagnosi preimpianto rimane comunque l’esame migliore per andare a valutare la qualità dell’embrione.
Da anni ci avvaliamo dell’aiuto di psicologi che sono stati di grande supporto per noi medici, al fine di aiutarci a comprendere molte aspetti di questa procedura oltre che ovviamente un importante riferimento per le coppie; non esiste di fatto una obbligatorietà di affrontare una consulenza dello psicologo prima di effettuare un trattamento di fecondazione in vitro ma c’è comunque la possibilità, per chi lo desiderasse, di avvalersene; il consulto è sempre gratuito in quanto compreso nel costo del trattamento e qualora il paziente decidesse poi di non procedere non dovrà pagare alcunché, questo perché riteniamo sia importante perseguire una strada di questo tipo anche se non crediamo sia necessario rendere obbligatori questi incontri; ad oggi c’è grande discussione su questo argomento perché spesso, soprattutto nella parte maschile si riscontra una certa avversità a confrontarsi con lo psicologo derivante da una visione prettamente appartenente a noi latini ,che associa la figura dello psicologo e quella dello psichiatra e quindi fa sì che i pazienti tendano a convincersi che un percorso di questo tipo sia sintomo di una patologia psichiatrica da curare , non è così ma non è semplice farlo capire ai nostri assistiti e diventa pertanto difficile rendere obbligatorio questo tipo di consulto.
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