Raúl Olivares, MD
Direttore Medico e Amministratore di Barcelona IVF, Barcelona IVF
Categoria:
Donazione di ovociti, Età materna avanzata
In questa sessione il Dr. Raúl Olivares, Direttore Medico di Barcelona IVF, ha parlato delle opzioni di fecondazione in vitro per pazienti di età superiore ai 38 anni.
Il primo aspetto da tenere in considerazione è l’età e come questa influisce sulla fertilità essendo proprio questa il fattore maggiormente rilevante in merito alla qualità degli ovociti, come possiamo vedere nel primo grafico a sinistra all’aumentare dell’età diminuisce la percentuale di successo ed aumenta la probabilità del verificarsi di un aborto , nel grafico a sinistra, in cui sono presi in considerazione gli embrioni, vediamo che all’aumentare dell’età aumenta la probabilità di avere embrioni aneuploidi ( che presentano anomalie genetiche ) e diminuisce fortemente la percentuale di attecchimento, i due grafici come possiamo vedere sono praticamente equivalenti, all’aumentare dell’età diminuisce la probabilità di successo ed aumenta il numero delle probabilità di aborto poiché aumenta il numero delle anomalie genetiche, principalmente di causa ovocitaria, che si possono verificare nell’embrione, questa è la causa principale per cui cala la fertilità di una donna specialmente dopo i 38 anni;
Ci sono altri fattori però da tenere in considerazione come ad esempio la riserva ovarica ovvero la quantità di ovociti disponibili, sappiamo che ogni donna nasce con un numero fisso di ovociti ( non ne vengono prodotti di nuovi come invece accade per gli uomini con gli spermatozoi ) che diminuisce all’aumentare dell’età, vediamo nel grafico in alto a sinistra come questo numero parta da una quantità pari a circa 7 milioni per diminuire arrivando a circa 900.000 al momento della nascita , 300.000 nel periodo dell’adolescenza fino ad esaurirsi nel momento della menopausa. La riserva ovarica quindi ci dice che il numero degli ovociti diminuisce con il tempo mentre la qualità ovocitaria evidenzia che aumentano le anomalie genetiche, oltre a questo si possono verificare anche altre patologie come fibromi polipi o altre problematiche a livello dell’utero, che possono ridurre la percentuale di attecchimento anche di embrioni che possono avere una morfologia corretta. A livello di percentuale di successo è corretto sottolineare che quantità e qualità non sempre si corrispondono potremmo avere donne di 42 anni con un’altissima produzione di ovociti ma di bassa qualità e donne di 39 anni che producono pochi ovociti ma di buona qualità. Tutte le informazioni relative alla quantità ovocitaria sono necessarie per decidere quale sarà il protocollo più adatto da porre in essere e quali possibilità di riuscita avremo, la qualità invece non si potrà comprendere fino a quando, a livello di laboratorio, riusciremo a valutarli; non esiste una tecnica o un esame che ci permette di prevedere come saranno i nostri ovociti, è necessario fare un trattamento, effettuare un pick-up ( prelievo ) degli ovociti e valutarne la qualità in base alla morfologia e alla qualità degli embrioni che producono.
Assodato che l’età è un aspetto molto importante da tenere in considerazione, è possibile identificare le pazienti che sono ancora in tempo per utilizzare i propri ovociti ? innanzitutto è bene chiarire che parlare di pazienti di un’età pari a 38 anni è un valore generale, la situazione cambia se siamo di fronte a pazienti di 39 anni o 43, ciò che a noi interessa è riuscire ad individuare quelle pazienti che abbiano un buona probabilità di successo , e per fare questo possiamo avvalerci di due esami , quello relativo al valore AMH chiamato ormone antimulleriano, che ci permette di conoscere il valore della riserva ovarica e l’altro è il conto dei follicoli antrali , ( AFC) che possiamo valutare tramite un ecografia all’inizio del ciclo ( visibile nell’immagine in alto a destra ). Come vediamo nel grafico a sinistra, esiste un relazione inversa tra l’età e questi valori, l’antimulleriana cala con l’aumentare dell’età così come accade con la conta dei follicoli antrali, ricordiamo ancora che questi esami sono utili per valutare la quantità dei nostri ovociti e non la qualità( che sarà valutabile solo il giorno del pick-up ) è comunque abbastanza probabile che se ci troviamo di fronte ad un a paziente con una bassa riserva ovarica ed un fattore età importante la prognosi purtroppo non sarà positiva. Come possiamo vedere tramite i valori disponibili nello studio illustrato nella slide, che fa riferimento a donne di età superiore a 40 anni, il valore dell’antimulleriana, la conta dei follicoli e l’età sono i riferimenti che hanno una buona correlazione con la probabilità di avere una gravidanza il valore FSH che è il metodo usato per un lungo periodo ha invece una variazione molto più alta .In un ulteriore studio effettuato prendendo considerazione pazienti tra i 40 e i 45 anni, vediamo come sia strettamente correlato il diminuire del numero di embrioni in corrispondenza di un aumento dell’età della paziente e come ci sia un sempre maggiore rischio di aborto ed una percentuale di “BIMBO IN BRACCIO “ veramente bassa , quasi miracolosa al di sopra dei 45 anni ( che è per noi l’età limite per provare con una certa possibilità di successo con i propri ovociti ).Una domanda che spesso i pazienti si pongono è: Se il primo ciclo non è andato a buon fine , vale la pena riprovare ? Anche in questo caso tutto è strettamente legato al fattore età, nello studio visibile nella slide, effettuato su oltre 2000 cicli, vediamo infatti che quando la donna è giovane ,con ogni ciclo aumentiamo la percentuale cumulata ( la prima linea grafica in alto nello schema ) ciò significa che se abbiamo ad esempio 6/7 cicli, che sono comunque molti, arriviamo ad una percentuale di circa un 30 % di bimbo in braccio mentre se la paziente ha 45 anni ( osserviamo la linea in basso rossa nel nostro grafico ) vediamo come, anche con un mero alto di cicli circa 10/12, avremo lo stesso risultato che abbiamo ottenuto nei primi 2/3 cicli , possiamo quindi concludere che provare una volta dopo i 43 anni può avere un senso, ma riprovare se il primo ciclo non è andato a buon fine statisticamente non ci permetterà di migliorare la probabilità di avere un bambino. Riassumendo possiamo dire che ,non esistono esami strumentali in grado di dirci a priori la qualità ovocitaria prima di effettuare una fiv , l’unico indicatore è l’età della paziente , il controllo del valore antimulleriano e la conta dei follicoli antrali sono gli strumenti migliori grazie ai quali individuare una paziente con una buona prognosi ovvero una buona risposta , più ovociti significa più embrioni quindi più possibilità ed età limite per una FIVET pari a 45 anni, possiamo provare comunque superato questo valore di riferimento ma la paziente deve essere consapevole che la probabilità di successo e quindi di avere una gravidanza saranno davvero molto basse.
Possiamo però tramite i protocolli di stimolazione cambiare la prognosi ? possiamo migliorare la percentuale di successo ? tramite i protocolli di stimolazione possiamo provare a lavorare su due fronti, migliorare la qualità ovocitaria che purtroppo non è possibile con nessun protocollo , possiamo però provare ad aumentare il numero di ovociti in modo tale da aver un maggior numero di probabilità di trovare l’embrione di eccellenza, possiamo operare aumentando la dose , provare con nuove gonadotropine oppure utilizzare gli androgeni per migliorare le condizione delle ovaie all’inizio della stimolazione queste sono le tre opzioni che vengono utilizzate.
In uno studio recente possiamo vedere quanti ovociti siano necessari per massimizzare la probabilità cumulativa di avere un bambino , questo studio è molto interessante perché per un lungo periodo si era pensato che superato un certo numero di ovociti la qualità di questi non sarebbe stata buona ,con questo studio abbiamo visto che le donne che producono, 1/3 ovociti hanno una percentuale di successo cumulata ovvero probabilità di rimanere incinta non già con il primo transfer ma anche con tutti gli altri embrioni crioconservati pari al 21 % mentre nelle donne che producono più di 15 ovociti questa percentuale aumenta fino ad un 61,5 % e questo indipendentemente dall’età ( vedi schema ) più ovociti più possibilità, le donne che producono più di 15 ovociti hanno una possibilità di avere un bambino di circa 5,6 volte più alta rispetto alle donne della stessa età che producono tra 0 e 3 ovociti quindi la strategia di cercare di avere più ovociti è una strategia che ci permette di migliorare la probabilità di avere un bambino.
Una delle prime strategie che è stata utilizzate è quella di aumentare il dosaggio provando ad utilizzare dosi di 450 /600 unità di gonadotropina ma si è visto che non era la miglior opzione applicabile, tramite uno studio effettuato su oltre 650,000 cicli si è infatti visto che esiste una relazione inversa tra la dose che viene utilizzata e la percentuale di successo, per tutti i gruppi di età per questo non viene raccomandato l’utilizzo di dosi superiori a 300 unità perché questo potrebbe avere l’effetto contrario e determinare una diminuzione delle probabilità. L’altra strategia è utilizzare altri protocolli di stimolazione senza cambiare il dosaggio, un farmaco che personalmente il Dottor Olivares suggerisce di utilizzare è la Elonva , per la comodità, è sufficiente una sola iniezione che stimola per 7 giorni la paziente che quindi non deve assumere 1 iniezione al giorno , ha un profilo molto diverso rispetto a quello che vediamo in pazienti che effettuano iniezioni giornaliere , vediamo infatti nello schema in alto che lo stesso risultato che otterremo con il metodo tradizionale in due tre giorni possiamo ottenerlo con Elonva già al primo giorno e questo ci permette di reclutare follicoli già dall’inizio e questo profilo è molto più simile a quello che l’FSH in un ciclo naturale quindi avere un farmaco comodo che arriva velocemente a questo umbrale di reclutamento e ha una farmacodinamica molto simile all’FSH fisiologico probabilmente ci permetterà di avere un efficacia maggiore e prelevare più ovociti ( parliamo sempre di quantità e non qualità).Ulteriore strategia è l’uso di androgeni si è visto che nelle pazienti con una bassa riserva ovarica possono avere un livello androgenico basso all’inizio di ciclo allora possiamo usare la DHA che non è così efficace ma unita al testosterone per 5 giorni permette di creare un ambiente ovarico più simile a quello che hanno le donne giovani e questo può aumentare il numero di ovociti.
Come possono prendersi cura degli embrioni in laboratorio? Dobbiamo scegliere l’embrione e creare una condizione che sia il più simile possibile a quella dell’uteri per non causare problemi di sorta. A questo punto diventano veramente importanti per gli incubatori TIME LAPS ovvero degli incubatori dotati di una fotocamera che scatta foto ogni 20 minuti e grazie a questo è possibile effettuare un video dell’embrione ed è possibile mantenere l’embrione nelle stesse condizioni durante tutto il periodo di coltura durante questi 5 giorni prima di trasferirli senza disturbarli, prendendoli e portandoli alla lente per valutarne la qualità, quindi ci permette di creare condizioni più simile all’utero nell’ambiente di laboratorio e ci permette di valutare in modo costante come crescono e fanno le divisioni cellulari senza doverli prendere. Come è visibile nel grafico che racchiude i dati raccolti negli ultimi due anni, il time-lapse permette di ottenere più embrioni e quindi aumentare il numero di possibilità, ma anche migliorare la percentuale di successo nelle pazienti di età compresa tra i 38 e i 42 anni arrivando ad un 60,4% di percentuale di raggiungimento dello stadio di blastocisti molto simile a quella che si ottiene con un ‘ovodonazione, una percentuale di successo cumulativa del 58,3 % e una percentuale di gravidanza evolutiva del 32,5 %. Tra i 43 e i 44 anni i valori si abbassano anche se si ha comunque una percentuale alta di gravidanze portate a termine e tra i 45 e i 49 , come già visto in precedenza ,sebbene si verifichi qualche gravidanza, il 100% terminano purtroppo con un aborto; questo accade perché potremmo trovarci di fronte ad embrioni bellissimi da un punto di vista morfologico ma con una genetica anormale.
Come è possibile allora identificare quegli embrioni che diventeranno bambini? E’ possibile avvalersi della diagnosi genetica preimpianto una tecnica tramite la quale si prelevano cellule di quella che sarà la placenta, per valutare se questi embrioni siano geneticamente normali, prima di procedere al trasferimento, nell’immagine nella slide è visibile una blastocisti che ha iniziato anche un haci, si prelevano 3/4 cellule che permetteranno di valutare la genetica come se si effettuasse un ‘amniocentesi (non è identica perché il numero di cellule prelevato è diverso, nell’amniocentesi sono circa tra 25 e 50 ) si avrà una sensibilità diversa ma sempre superiore al 99, 3 % .Come si può vedere nello studio illustrato, su una valutazione effettuata su circa 7000 embrioni la percentuale di embrioni geneticamente normali , dopo i 38 anni, è di uno ogni tre, a 41/42 anni circa il 17 % e dopo i 42 anni si arriva a circa ad un 10% sempre tramite questo studio si può vedere che le percentuali sono molto simili indipendentemente dal numero di embrioni che la paziente ha prodotto e ancora una volta è visibile che la riserva ovarica non ha correlazione con la qualità degli embrioni prodotti ovviamente all’aumentare del numero di ovociti aumenta anche la probabilità di trovare tra questi l’embrione ottimale , ma non necessariamente il fatto di ottenere molti embrioni significa che questi saranno di buona qualità.
Per concludere; non possiamo ingannare il tempo, quindi al di sopra dei 38 anni , traducendo letteralmente la slide “the sooner the best“ prima è meglio perché all’aumentare dell’età sarà più probabile che la prognosi sia negativa;
2 non si devono usare protocolli con dosi di gonadotropine troppo elevati perché potrebbero causare problemi, usare ad esempio Elonva è un ottima scelta perché è comodo per le pazienti è facile ed efficace;
3 Gli incubatori time-lapse sono un valido strumento per ottenere più embrioni e con una percentuale di attecchimento maggiore;
4 quando possibile fare uso della diagnosi preimpianto, specialmente in pazienti al di sopra dei 42 anni perché grazie a questo sarà possibile : ridurre i costi e guadagnare tempo, la diagnosi preimpianto non permetterà di risolvere un problema di tipo genetico ma nel caso in cui avessimo 8 embrioni di cui solo due normali questo permetterà di evitare di trasferire embrioni non adatti, evitando un costo in termini economici ma anche emotivi e anticipare quello che tecnicamente viene definito “ bimbo in braccio “ ovvero ridurre i tempi necessari per provare a portare a termine una gravidanza con esito positivo, riduce lo stress emotivo perché permette di evitare il trasferimento di embrioni che terminerebbero con esito negativo ed infine fornisce informazioni sulla qualità REALE degli embrioni, perché non sempre l’embrione più “bello “ è quello geneticamente migliore , esiste una relazione tra un embrione di buona morfologia e la probabilità che sia normale ma spesso capita che gli embrioni che vengono trasferiti non sono quelli più belli ma quelli geneticamente normali.
Non sempre una blastocisti espansa può risultare di buona qualità poiché spesso il fattore genetico, particolarmente dopo i 41 anni può causare problemi. Nelle pazienti che abbiano compiuto o superato i 42 anni di età, e che hanno una buona risposta, solitamente consigliamo di effettuare una diagnosi genetica preimpianto, poiché un embrione che non presenta anomalie prima della diagnosi non le presenterà nemmeno successivamente; con questo tipo di indagine possiamo effettivamente sapere se l’embrione presenta eventuali anomalie genetiche e se avrà la possibilità di determinare una gravidanza a tutti gli effetti. Data la sua situazione, considerando la produzione di ovociti, credo si possa procedere con un ulteriore tentativo, prendendo in considerazione l’ipotesi di effettuare una valutazione genetica, oltre a quella della morfologia, per essere certi che valga la pena procedere con l’impianto. Oltre i 42 anni sappiamo che solo il 12 % degli embrioni risulta geneticamente normale; seppur basso, questo valore ci indica che è un risultato difficile ma possibile.
Non sempre il numero di cicli effettuati migliora la probabilità di una gravidanza sicura ;sebbene dopo il secondo tentativo la raccomandazione sarebbe quella di procedere con un’ ovodonazione ,considerando la buona quantità prodotta , direi che può procedere con un ulteriore 3 tentativo ,valutando l’ipotesi di cambiare protocollo, (lavorando magari con elonva) e aggiungendo in ogni caso la diagnosi genetica preimpianto per effettuare trasferimenti di embrioni che diano una maggiore probabilità di riuscita.
Elonva è un farmaco utilizzato in tutta Europa fatta eccezione dell’Inghilterra e di cui non esistono farmaci simili; utilizzo questo farmaco in probabilmente oltre il 90 % delle mie fivet da oltre cinque anni. L’unico rischio , ad oggi riscontrato in donne giovani con una buona riserva ovarica, è quella di una iperstimolazione ,(ipotesi che possiamo comunque evitare attuando strategie specifiche) probabilità che si abbassa con l’aumentare dell’età della paziente , in donne di età compresa tra i 39 e i 42 anni in cui la quantità di embrioni è davvero rilevante , difficilmente avremo un eccesso di embrioni ,qualora si verificasse questa ipotesi possiamo procedere con il congelamento di questi ultimi e trasferirli poi come congelati con una percentuale di successo che rimane invariata , nelle pazienti in questa fascia di età è consigliabile effettuare una diagnosi preimpianto in modo da avere una maggiore probabilità di individuare embrioni che abbiano maggiori probabilità di riuscita. Questo metodo è quello solitamente applicato salvo nelle pazienti in cui si ha un alto rischio di iperstimolazione o nei casi in cui non si richiede una grande quantità di ovociti ( una coppia giovane o una coppia lesbica che non ha problemi di fertilità o in donne giovani con problemi alle tube senza presenza di un fattore ovarico ) per quanto riguarda le terapie di stimolazione dipende da caso a caso, quasi tutti i centri ad oggi lavorano con protocolli con sistema antagonista in cui iniziamo a stimolare la paziente e successivamente utilizziamo farmaci per bloccare l’ovulazione perché risultano più efficaci, in alcuni casi invece, in cui siamo di fronte a pazienti con una bassa riserva, i tradizionali protocolli , in cui prima si blocca l’ovulazione e successivamente si stimola la stessa, sebbene più lunghi danno risultati migliori .personalmente procedo con un ciclo di elonva se necessario e nel caso non ottenessimo i risultati desiderati procedo variando protocollo a seconda di quanto si è verificato nel primo ciclo ; elonva rimane comunque per me il farmaco di elezione nel 90% delle mie fivet.
Esistono diversi tipi di fibromi possiamo avere un fibroma sottosieroso se si trova sulla superficie dell’utero, sottomucoso se cresce all’interno della cavità endometriale ed esiste una terza tipologia detta intramurale se si tratta di fibromi che crescono all’interno della parete uterina. Per un fibroma delle dimensioni riferite, se si tratta di sottosieroso o intramurario non è necessario attuare alcun tipo di intervento , se si tratta di sottomucoso, quindi di un fibroma che cresce all’interno della cavità è necessario rimuoverli anche qualora fossero di dimensioni inferiori (8/9 mm) poiché potrebbero ridurre la percentuale di attecchimento e aumentare il rischio di impossibilità di portare a termine la gravidanza.
In questo caso dobbiamo ragionare su due fronti differenti e rispondere a due diversi quesiti, il primo: esiste la possibilità di avere un bambino? La risposta è si; vale la pena sottoporsi ad una fivet per raggiungere questo obiettivo? La risposta è no. In una situazione come quella descritta la paziente ha la possibilità di produrre un ovocita con caratteristiche sufficienti per il verificarsi di una gravidanza nella stessa misura in cui potrebbe ottenerlo in maniera naturale ; la probabilità di successo attraverso una fivet è strettamente collegata alla quantità di ovociti che sarà possibile prelevare e, con un valore antimuleriano di 0,1 si ha una probabilità pari al 90/95% di avere una risposta monofollicolare , quindi un unico follicolo così come si potrebbe ottenere con un ciclo naturale , sottoporsi pertanto ad una stimolazione per ottenere la stessa probabilità di avere una gravidanza in modo naturale non ha senso .le consiglierei in questo caso di valutare l’ipotesi di un ovodonazione che le offrirà una probabilità altissima di riuscita.
In questo caso, la bassa riserva potrebbe ritenersi riferibile all’endometriosi e non direttamente al fattore età, la paziente potrebbe si produrre pochi ovociti ma questi potrebbero avere una buona qualità; non possiamo infatti sapere se il valore dell’antimuleriana sia basso per il fattore età o per l’endometriosi che di per se genera una riduzione della riserva ovarica. Prima di escludere la possibilità di utilizzare i suoi ovociti può fare un tentativo per vedere che genere di risposta potrebbe ottenere e valutare la qualità di questi ultimi, cosa che è possibile verificare solo in fase di pick-up; se dopo un primo ciclo dovessimo verificare che la risposta è molto scarsa o monofollicolare o gli ovociti non fossero di buona qualità, sarebbe possibile comunque valutare l’ipotesi dell’ovodonazione. Sussistono a volte anche altre motivazioni di tipo emotivo o economico che possono spingere la donna o la coppia fin dall’inizio a valutare direttamente l’ipotesi dell’ovodonazione. Fare un tentativo, considerando che la sua età è di 40 anni e non 44 ed è affetta da endometriosi, mi sembra una strada valutabile, tenendo sempre in considerazione il fatto che potremmo trovarci di fronte ad una risposta scarsa o con ovociti che non garantirebbero il risultato sperato.
La genetica sappiamo essere un aspetto molto importante. Dobbiamo considerare che gli ovociti hanno una maggiore importanza dal punto di vista riproduttivo rispetto agli spermatozoi , poiché sono responsabili di aspetti come la produzione di energia dell’embrione o la traduzione di materiale genetico ;un ovocita vecchio potrebbe essere geneticamente normale ma avere altri problemi a livello strutturale, ad esempio nei mitocondri (che producono l’energia) o nei ribosomi (che traducono il materiale genetico), proprio in funzione della sua età , purtroppo un embrione geneticamente normale non significa la certezza di riuscire ad avere un bambino , può quindi accadere che quando trasferiamo un embrione geneticamente normale questo possa non attecchire perché ci sono questi tipi di problemi; oltre alle problematiche di tipo ovocitario esistono problemi di attecchimento a livello endometriali come la trombofilia , la sindrome antifosfolipidica , l’endometrite cronica asintomatica o altre anomalie a livello dell’endometrio ,che possono ridurre la percentuale di attecchimento di embrioni con le corrette caratteristiche.
Nel suo caso credo valga la pena fare uno studio a livello endometriale per eliminare altre eventuali problematiche che possono ridurre la percentuale di attecchimento,
In assenza di tali problemi, poiché lei produce embrioni geneticamente normali e poiché non è possibile avere un probabilità di successo pari al 100% talvolta è possibile riuscire ad ottenere il risultato desiderato solo riprovando.
Assolutamente si, Barcellona ifv è in grado di erogare questo servizio.
La biopsia dell’endometrio in realtà non è un esame, ma un metodo per poter ottenere un campione, quello che ha rilevanza e ‘ cosa possiamo fare attraverso questo prelievo e che cosa possiamo valutare a livello di endometrio per riscontrare eventuali problematiche.
Tramite questo tipo di prelievo oggi possiamo valutare tre aspetti:
Era (acronimo di endometrial receptivity assay) che si utilizza per valutare quella che viene definita la finestra di attecchimento ovvero i giorni in cui l’endometrio è recettivo e quindi permetterà l’attecchimento di un embrione
Con l’esperienza abbiamo riscontrato che questo tipo di tecnica è consigliabile quando è possibile trasferire un embrione soltanto con una terapia ormonale sostitutiva poiché per essere certi che la finestra di attecchimento sia aperta quando viene effettuato il trasferimento può essere necessario iniziare il progesterone in tempi diversi, è consigliabile effettuare un era ad esempio per l donne in menopausa. Nelle pazienti che hanno invece un ciclo naturale ed un’ovulazione normale, invece di utilizzare una terapia ormonale sostitutiva consigliamo di lavorare con un ciclo naturale modificato che ci garantirà la certezza di avere una finestra di impianto sempre aperta ed una percentuale di successo corretta.
Emma (acronimo di endometrial microbiome metagenomic analysis) che analizza il profilo del microbioma endometriale ovvero la flora batterica regolare che deve essere presente a livello dell’endometrio.
Alice (acronimo di analysis of infectious chronic endometritis) tecnica tramite la quale possiamo escludere la presenza di batteri che potrebbero causare delle endometriti croniche asintomatiche.
L’Emma e l’Alice invece sono consigliati e si sono rivelati particolarmente utili. Tramite l’Emma ad esempio in pazienti con una disbiosi severa in presenza di un microbioma molto irregolare, attraverso la correzioni di queste alterazioni è stato possibile avere una gravidanza, così come tramite l’Alice si possono diagnosticare delle endometriti che possono ridurre le percentuali di successo di attecchimento arrivando addirittura in presenza di alti livelli di infiammazione cronica a provocare un’interruzione di gravidanza. Qualora questi valori risultassero anormali ad oggi è possibile correggerli con probiotici vaginali e percorsi di antibiotici seguiti da probiotici vaginale che ripristinano la flora batterica normale.
Ad oggi ritengo che questi siano gli strumenti migliori da poter utilizzare.
E’ molto difficile migliorare la qualità degli ovociti , ciò che può essere fatto è non tanto migliorarne la qualità da un punto di vista genetico , quanto aumentare numero di ovociti maturi .in merito agli integratori , normalmente consigliamo acido folico e vitamina d , oltre a questi , per quanto riguarda altri integratori come dha , coenzima q10 ,mio – inositolo , vitamina e , tutti concorrono a creare una condizione favorevole alla possibilità di una gravidanza , ma non esistono evidenze che abbiano la possibilità di migliorare la qualità degli ovociti . Solo l’utilizzo del mio-inusitolo nelle donne con ovario policistico migliora la quantità di ovociti maturi ovvero di quelli con cui noi potremo lavorare successivamente al pick-up; in questi casi in cui, specialmente dopo un primo ciclo di fivet la percentuale di ovociti maturi non raggiunge un valore pari circa all’80%, possiamo in un secondo ciclo correggere il protocollo magari per effettuare un prelievo successivamente , possiamo arrivare ad effettuare una maturazione in vivo , possiamo innescare l’ovulazione con un dual–trigger che talvolta permette di aumentare la quantità di ovociti maturi.
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