Dott. Catello Scarica
Direttore di Laboratorio IVF presso European Hospital, New Fertility Group
Categoria:
Congelamento degli ovociti, Genetica PGS / PGT-A, Valutazione della fertilità
In questa sessione il Dott. Catello Scarica, Direttore di Laboratorio IVF presso European Hospital Roma & Co-Fondatore di New Fertility Group, ha spiegato cosa è la tecnica della Diagnosi Genetica Pre-impianto e quali potrebbero essere i vantaggi ed i limiti correlati alla procedura.
La diagnosi genetica preimpianto detta PGT è una tecnica che permette di analizzare l’informazione genetica e cromosomica degli embrioni ottenuti dalla fecondazione in vitro e di trasferire, nell’utero materno, solo quegli embrioni che non presentano anomalie.
Con l’avanzamento tecnologico dal punto di vista dell’analisi genetica e delle tecniche di riproduzione assistita, il comitato internazionale per il monitoraggio delle tecnologie di riproduzione assistita (ICMART), ha rivisto il glossario internazionale sull’infertilità e la cura della fertilità nel 2017, ed ha rivisto anche i termini che riguardano la diagnosi preimpianto. Lo screening genetico relativo al numero dei cromosomi è stato rinominato testing PGT-A dove PGT sta per “preimplatation genetic testing” divenendo un vero e proprio test e non solo uno screening (differenza molto più chiara alla platea dei tecnici), e A fa riferimento alle aneuploidie, diventa quindi un TEST genetico preimpianto delle aneuploidie. Il PGT può essere suddiviso in PGT-A ovvero test genetico delle aneuploidie, PGT-M ovvero test genetico monogenico, consigliato soprattutto quando uno dei due genitori o entrambi sono portatori di una malattia monogenica come ad esempio la fibrosi cistica o la beta talassemia, per poter effettuare il test genetico in modo specifico su quella malattia ed infine PGT-SR ovvero il test genetico per anomalie strutturali dei cromosomi, indicato per pazienti portatori di anomalie strutturali nel cariotipo paterno o materno, come ad esempio inversioni o traslocazioni. Tra tutte le tipologie, la più diffusa è quella relative alle aneuploidie perché la generazione di aneuploidie negli embrioni è indipendente dal cariotipo dei genitori quindi anche se questo è normale, non significa che non possano essere presenti aneuploidie; come specie umana siamo frequenti alla presenza di aneuploidie negli embrioni specialmente con l’avanzare dell’età, si accumulano le anomalie cromosomiche negli ovociti o negli spermatozoi e conseguentemente negli embrioni, per questo è la tipologia di diagnosi preimpianto più diffusa, proprio perché è indipendente dalla situazione genetica di partenza dei futuri genitori. Quando si effettua un PGT-A si effettua un’analisi cromosomica uguale per tutti, un’analisi standard mirata a migliorare l’efficienza dei cicli di PMA e minimizzare i rischi connessi con la riproduzione in coppie infertili e/o con elevata età riproduttiva della donna. Nella slide utilizzata dal Dottor Scarica sono visibili le indicazioni fornite, in una recente revisione da autori statunitensi, delle indicazioni cliniche alla diagnosi genetica preimpianto; la PGT-A è consigliata in caso di pazienti con problemi di sterilità dovute all’età materna avanzata (oltre i 37 anni), in caso di ripetuti aborti e nei tentativi ripetuti e falliti di IVF. Tutte le patologie che hanno invece un legame con il cromosoma x di eredità familiare o comunque patologie che hanno un’eredità genitoriale richiedono l’esecuzione della PGT-M, tutti casi infine, in cui ci sono traslocazioni, inversioni, duplicazioni o delezioni, condizioni particolari non diffusissime, si individuano tramite la PGT-S
Le aneuploidie, ovvero gli errori nel numero di cromosomi presenti nell’embrione, sono molto frequenti nella nostra specie, lo studio illustrato dal Dottor Scarica, eseguito da Franasiak del 2014 ed effettuato su oltre 15000 biopsie di blastocisti (la blastocisti è lo stato più avanzato di sviluppo ottenibile in vitro e contemporaneamente lo stadio di sviluppo più resistente all’indagine genetica) in tutte le fasce di età, ha dimostrato come la percentuale di embrioni con anomalie cromosomiche sia costante anche in pazienti dai 22 ai 30 anni ma soprattutto che a partire dai 35 anni, all’aumentare di ogni singolo anno cresce drasticamente la presenza di embrioni aneuploidi, a 38 anni, che corrisponde all’età media delle pazienti nei centri italiani, la percentuale è del 47,9% il picco si raggiunge intorno ai 45 anni in cui si arriva all’84,3%. Questo spiega perché con l’aumento dell’età materna diventi sempre minore la probabilità di avere un embrione competente per ottenere il risultato desiderato ma non è comunque impossibile raggiungere l’obiettivo. Da non dimenticare inoltre il fatto che talvolta esiste un contributo da parte dello spermatozoo alle aneuploidie trasmissibili, in un paziente con una ridotta spermatogenesi ad esempio un paziente che produce pochi spermatozoi e con anomalie intrinseche, che non sempre possono essere valutate dall’esterno, si stima che tra i pazienti potenzialmente da trattare con le tecniche di PMA circa il 5/10% delle anomalie cromosomiche per i cromosomi autosomici(dall’1 al 22) possa essere imputabili allo spermatozoo, per quanto riguarda le anomalie dei cromosomi sessuali (x ed y) l’impatto può essere addirittura del 100%.
L’avanzamento delle tecniche genetiche e la biopsia allo stadio di blastocisti, rendono la PGT-A un approccio effettivamente efficace e soprattutto riproducibile rispetto al passato, un tempo si usava una tecnica molecolare, cioè una tecnica di laboratorio genetica che si chiama FISH e prevedeva che si facesse principalmente la biopsia su embrioni in fase precoce, a circa 8 cellule; si prelevava una cellula e si procedeva all’analisi, la tecnica FISH non era in grado di analizzare tutti i cromosomi e si stimava, per i cromosomi che avevano una frequenza maggiore come anomalie, se fosse oppure no bilanciato l’embrione che si stava analizzando, questo tipo di diagnosi pre impianto era conosciuta come PGS 1.0 ed è stata abbandonata poiché si è dimostrata inefficace e di inefficiente, la tecnica che invece viene oggi utilizzata e che si avvale di un’ analisi genetica che va a valutare tutti i cromosomi che sono presenti in un embrione in maniera molto accurata e molto sensibile soprattutto con la tecnica NGS, chiamata 2.0 è ad oggi altamente affidabile e riproducibile oltre ad essere efficace e migliora inoltre i tassi di gravidanza clinica per transfer ovvero, una blastocisti euploide nei pazienti di età superiore a 37 anni, ha per transfer, un potenziale di impianto maggiore rispetto ad una blastocisti non testata della stessa corte embrionale; non ci sono evidenze di utilità della PGS nei pazienti di età inferiore ai 35 anni, al di sopra dei 37 anni sono invece disponibili gli studi illustrati dal Dottore nella slide, già dal 2013 si era dimostrata una superiorità della PGT-A rispetto all’analisi morfologica degli embrioni trasferiti e questo trend si è confermato. Anche uno studio randomizzato, pubblicato nel 2019, nel quale le pazienti venivano selezionate in maniera casuale per essere sottoposte o meno alla PGT-A, ha dimostrato che i tassi di gravidanza, erano simili considerando tutte le fasce di età dai 25 ai 40 anni, andando poi a ridurre l’intervallo di età e portandolo dai 35 ai 40 si è visto che i tassi di impianto (per embriotransfer, non cumulativi) erano maggiori con la PGT-A. Questo dimostra da un lato che gli studi ad oggi disponibili sono ancora poco chiarificatori perché nel caso analizzato, includendo pazienti dai 25 anni in poi si è mascherata la potenziale efficacia della PGT-A per i pazienti con un’età materna avanzata, dall’altra parte, che in effetti su una singola corte di embrioni, la diagnosi genetica preimpianto non aumenta le chance di gravidanza clinica cumulativa, ma permette di selezionare meglio gli embrioni per evitare transfer potenzialmente dannosi poiché alcune anomalie cromosomiche non solo non sono compatibili con la vita ma in taluni casi sono compatibili con le prime fasi di sviluppo ma poi evolvono in un aborto con un costo emotivo e di tempo. Un ulteriore studio presentato dal Dottor Scarica, che analizza il transfer singolo di un embrione con diagnosi preimpianto raffrontandolo al transfer doppio di embrioni non testati con diagnosi preimpianto ma valutati morfologicamente, ha come risultato quello che il tasso di gravidanza è simile tra i due gruppi, ma si ha un tasso di gravidanza gemellare molto più alto nel gruppo di controllo cioè in quello non testato, questa eventualità che spesso è auspicata dalle coppie, da un punto di vista medico è molto più rischiosa sia per i nascituri che per la paziente soprattutto in età materna avanzata quindi il vantaggio enorme di poter applicare la diagnosi genetica preimpianto, per poter selezionare l’embrione giusto da trasferire al momento giusto è in termini di deselezione di embrioni che possono essere eventualmente portatori di aborti o mancato impianto, ma soprattutto permette di trasferire un solo embrione evitando gravidanze gemellari con tutte le problematiche che ne possono derivare , preservando il potenziale riproduttivo della corte di embrioni che abbiamo a disposizione.
La letteratura non è concorde sull’utilizzo a tappeto della PGT-A perché non vi sono evidenze al riguardo ma probabilmente, in una fascia di età dai 37 anni in su o in casi di pazienti che abbiano subito aborti ripetuti ad esempio, può avere efficacia dimostrata. Esistono studi in letteratura anche relativi al rapporto costo / beneficio della procedura e che calcolano in base al costo dei trattamenti, della diagnosi preimpianto, al numero di embrioni e all’età delle coppie, quale sia il beneficio, bilanciato dai costi accessori, di applicare la diagnosi per le aneuploidie; quello illustrato dal Dottore è uno studio effettuato nel 2019 da un gruppo italiano e che quindi ha a che fare proprio con la quotidianità delle strutture e con i costi e benefici calcolati sulla popolazione che viene seguita nelle strutture in Italia. Nel grafico abbiamo 4 blastocisti (la blastocisti è più resistente perché a questo stadio si prelevano le cellule del trofoectoderma quindi cellule che andranno poi a formare la placenta e non si tocca la massa cellulare interna per questo la tecnica ha un impatto minore rispetto a quanto si ha a disposizione in letteratura per quanto riguarda biopsie in fase di clivaggio, cioè in fase precoce di divisione a 8 cellule), lo studio suppone di fare un transfer a fresco senza PGT-A e il congelamento delle altre tre che potranno essere trasferite qualora il primo procedimento non dovesse avere esito positivo, in una situazione simile sappiamo che per rispettare la sicurezza della coppia vengono effettuati singoli embriotransfer per N embrioni congelati, una procedura di questo tipo richiede molto tempo perché, soprattutto in età materna avanzata, è molto alta la frequenza di aneuploidie e di conseguenza probabilmente si avranno molti embrioni che non presenteranno le caratteristiche cromosomiche necessarie per potersi impiantare e proseguire, per tanto molti di questi transfer potrebbero concludersi come mancati impianti o addirittura aborti precoci o avanzati. Da un punto di vista clinico questo determina costi in termini di tempo, che soprattutto per una paziente in età materna avanzata è molto importante dato che anche sei mesi a 40 anni possono fare la differenza, un costo in termini emotivi per la coppia quando il transfer non ha l’esito sperato e infine ha un costo in termini economici per i transfer successivi che dovranno essere effettuati. L’altro approccio preso in esame è quello di fare la diagnosi preimpianto e congelare gli embrioni, una volta fatta la diagnosi su quella specifica corte di embrioni, probabilmente si troveranno degli embrioni aneuploidi che non verranno trasferiti e rimarranno a disposizione gli embrioni euploidi che potranno essere trasferiti singolarmente; in questo caso si riduce il tempo, si riducono i transfer da effettuare per ottimizzare le chance di ottenere una gravidanza con blastocisti cromosomicamente normali. Al termine dello studio è stato quindi valutato che sia più vantaggioso applicare la tecnica. In un ulteriore studio americano si dimostra che la diagnosi preimpianto riduce il tempo necessario per trasferire tutti gli embrioni utili per ottenere una gravidanza (90 giorni per trasferire 10/11 embrioni con PGT-A contro circa 200 giorni in caso di non effettuazione della PGT-A)
L’età materna riferita dalla paziente è un’età in cui c’è una probabilità di avere aneuploidie a livello embrionale superiore al 50%, il fatto che con ogni tentativo si sia riusciti ad ottenere una sola blastocisti probabilmente è dovuto a qualche informazione che sarebbe utile avere per poter capire quale direzione prendere dopo due cicli di trattamento che hanno avuto questo tipo di esito, ma con un elevata probabilità, descritta in letteratura da tanti anni, sia la trisomia 21 che l’aborto sono riconducibili a problematiche di tipo cromosomico, la trisomia 21 è di per se un’anomalia cromosomica e l’aborto che si è verificato probabilmente è derivato da un’altra aneuploidia. In questo caso è consigliabile valutare clinicamente assieme al ginecologo la riserva ovarica, quanti follicoli si riescono a produrre nello specifico per questa paziente e quindi l’amh cioè il valore dell’ormone antimulleriano, che ci dice cosa possiamo aspettarci dalle ovaie a livello di produzione follicolare in caso di stimolazione, unitamente alla conta follicolare antrale che è un altro test effettuato tramite ecografia, per vedere quali sono i parametri di base; una volta effettuati questi esami, il ginecologo può scegliere e consigliare di effettuare un ulteriore ciclo, ottimizzando il numero di embrioni per effettuare la PGS, la PGT-A perché in questi casi il numero con il quale possiamo lavorare è davvero importante, ci tengo a precisare che la PGT-A non aumenta la possibilità di avere una gravidanza, con la corte di embrioni che si hanno a disposizione, permette però di selezionare meglio la qualità degli embrioni a disposizione, se ad esempio si parte con 4 embrioni si avranno determinate chance di ottenere embrioni cromosomicamente corretti e quindi trasferirli, se ne ho uno solo, numericamente si hanno minori probabilità. In questo caso quindi è consigliabile capire quanti embrioni si potrebbero produrre e poi valutare se continuare con il trattamento oppure passare all’ovodonazione.
In questo caso entra in gioco il concetto di biopsia successiva allo scongelamento che nella maggior parte dei casi funziona regolarmente, nel caso della paziente se hanno effettuato due transfer di embrioni singoli euploidi, sebbene l’endometrio fosse arrivato a 9 mm, significa che gli embrioni erano sopravvissuti bene allo scongelamento; in questi casi è molto difficile sapere con certezza cosa possa esser andato male perché il potenziale di sviluppo, la competenza di sviluppo, non dipende solo dall’euploidia, il macchinario molecolare che consente di proseguire è molto più complesso e non lo conosciamo completamente ne abbiamo strumenti per poterlo fare. Cosa possiamo dire quindi, che se trasferiamo un embrione euploide questo ha oltre il 60 per cento di chance di impiantarsi e andare avanti, tuttavia esiste un porzione di scarsa conoscenza che viene definita black-box che riguarda l’impianto e la capacità di svilupparsi successivamente. Nel caso della paziente, due embrioni che nonostante queste caratteristiche non hanno dato esito sono un caso purtroppo non infrequente ma meno probabile del solito; è importante ricordare che un embrione euploide trasferito non da certezza di avere una gravidanza ma sicuramente fornisce più chance che questo avvenga.
In questo caso parliamo di competenze strettamente di natura ginecologica e la paziente dovrà seguire le indicazioni che le saranno fornite dal clinico di riferimento e dal responsabile del trattamento. Le sinechie o meglio le aderenze intrauterine indubbiamente non concorrono a generare un buon ambiente per l’embrione, ovviamente dipende dal tipo di aderenze e quanto è frequente, sicuramente il clinico che la segue una volta individuate avrà una visione chiara di cosa fare, certamente se non viene fatta diagnosi preimpianto, l’approccio è quello, occorrerà un pò più di tempo ed un maggior investimento emotivo ma prima o poi i transfer daranno, speriamo, l’esito che desideriamo tutti.
Tutte le informazioni necessarie, vengono sicuramente fornite all’interno del consenso informato, che deve essere specifico la cosa importante da capire è il numero di cromosomi analizzati, non viene più eseguita la tecnica FISH che analizza solo un certo numero di cromosomi; da un punto di vista della piattaforma genetica, le tecniche che possono essere utilizzate sono diverse ma la maggior parte delle cliniche utilizza service genetici che a loro volta utilizzano la ngs, l’importante è essere informati su questo e sui tassi di accuratezza e sensibilità della tecnica usata, così come l’eventualità di falsi positivi o negativi (nel caso dell’NGS ha un tasso di falsi positivi pari allo 0%) tutte informazioni che sono obbligatoriamente inserite nel consenso informato. In merito alle diverse cliniche, il consiglio è sempre quello di fare riferimento a cliniche cha abbiano una grande esperienza dal punto di vista dei numeri di diagnosi preimpianto o in cui operino embriologi con un’ottima esperienza nell’effettuare quel tipo di tecnica perché ha un training piuttosto delicato.
Il consiglio che posso darle, con queste informazioni, è quello di affidarsi al feeling che si è creato con il clinico che ha consigliato questo tipo di percorso, sicuramente a 42 anni l’incidenza del tasso di aneuploidie nella corte di embrioni prodotta è elevata e quindi, molto probabilmente non ci saranno istruzioni per la prosecuzione di entrambe le blastocisti, il rischio può essere se una delle due si impianta e poi, per presenza di eventuali aneuploidie compatibili con l’inizio dell’impianto ma che per la loro caratteristica generano un aborto, possa verificarsi un aborto spontaneo e questo possa incidere sull’altro embrione, generalmente se l’altro embrione si impianta correttamente non risente clinicamente dell’eventuale interruzione spontanea di gravidanza dell’altro embrione trasferito contemporaneamente e su questo ci sono casistiche importanti derivanti dal fatto che in passato, quando si lavorava in stadio di terza giornata, generalmente si trasferivano due embrioni, quindi questo dato è abbastanza evidente; non mi sento di dire che trasferire due embrioni sia peggio che trasferire un solo embrione, l’importante è che il clinico abbia spiegato bene alla paziente quali siano i rischi di una gravidanza gemellare e che la paziente li accetti di comune accordo con il partner.
Il processo della fecondazione non varia in base alla PGT effettuata o meno per quanto riguarda la fase in cui effettua il prelievo degli ovociti e procede all’inseminazione con lo spermatozoo e si esegue la icsi, in questa fase non esistono differenze, nella parte successiva, quanto si arriva allo stadio di blastocisti varia la procedura a seconda che l’embrione sia sottoposto o meno a diagnosi preimpianto.
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