Alessandra Alteri, PhD
Embriologa Senior, IRCCS San Raffaele Scientific Institute
Categoria:
Impianto dell’embrione, Tassi di Successo, Trasferimento di Embrioni
In questa sessione la Dott.ssa Alessandra Alteri, Embriologa Senior dell’IRCCS Istituto Scientifico San Raffaele, ha introdotto quali sono i processi all’interno di un laboratorio di embriologia e con quali criteri si valuta un embrione al giorno 3 e al giorno 5 per aumentare il tasso di successo verso la gravidanza desiderata.
In ambito clinico non è possibile definire una scelta che sia ottimale per tutti, è piuttosto possibile trovare una soluzione specifica che sia appropriata per ogni singola coppia, si effettuano scelte diverse per coppie diverse e in momenti diversi perché ogni ciclo che viene posto in essere è un ciclo a se e le scelte possono essere diverse ogni volta anche per la medesima paziente.
L’embriologo si occupa di ricreare in laboratorio quello che effettivamente avviene in natura, in un ciclo naturale al momento dell’ovulazione viene prodotta la cellula uovo e successivamente, all’interno delle tube di falloppio avviene l’incontro con lo spermatozoo e quindi la fecondazione, la cellula fecondata procede poi dividendosi in due, poi quattro, poi otto cellule, fino ad arrivare, dopo cinque, sei ed a volte sette giorni ad una struttura chiamata blastocisti, questo è lo stadio fisiologico dell’embrione pronto per l’impianto all’interno dell’endometrio.
All’interno del laboratorio il biologo embriologo oltre a ricreare le condizioni fisiologiche necessarie, provvede ad avvicina la cellula uovo allo spermatozoo effettuando quella che viene convenzionalmente chiamata FIVET, in altri casi invece si occupa di prelevare lo spermatozoo e di iniettarlo all’interno dell’ovocita attuando la tecnica che viene chiamata ICSI.
Il giorno successivo a quello della fecondazione, circa a 16-18 ore di distanza viene controllato che questa sia effettivamente avvenuta e se ciò si è verificato, si avranno due pronuclei, uno materno ed uno paterno, che poi scompariranno e se tutto procede correttamente, dopo circa 25-27 ore l’ovocita fecondato inizierà a dividersi in due poi quattro poi otto cellule, fino a raggiungere lo stadio di blastocisti. Non tutti gli ovociti vengono però fecondati, la letteratura riferisce una percentuale pari circa al 70% di esiti positivi.
I primi step di sviluppo sono molto complessi e una grande importanza in questo processo è da attribuire alla cellula uovo; questa cellula, che è la più grande presente nell’organismo umano, contiene al suo interno tutta una serie di informazioni che sono necessarie per le prime fasi di sviluppo dell’embrione, è come se avesse immagazzinato nel tempo tutte le informazioni e fosse dotata di una mappa all’interno della quale si trovano le istruzioni che l’embrione deve utilizzare per far sì che si instaurino le prime fasi di sviluppo.
Nelle fasi di divisione cellulare lo stadio tra le quattro e le otto cellule è particolarmente delicato ed è proprio a questo punto che molti embrioni bloccano il loro processo evolutivo, qui entra in gioco il contributo paterno che viene fornito dallo spermatozoo è la fase in cui si parla di attivazione del genoma paterno, se a questo punto dello sviluppo, fatta eccezione per alcuni casi estremi, l’embrione si blocca, molto probabilmente questo stop deriva da una concausa che vede sia il contributo materno che quello paterno.
COSA ACCADE AL CAMPIONE SEMINALE NEL TEMPO
Il liquido seminale che viene utilizzato per la fecondazione, viene valutato dal laboratorio, ma i dati che si ottengono attraverso lo spermiogramma sono abbastanza grossolani, si può conoscere la concentrazione del liquido seminale, valutare la motilità degli spermatozoi e la loro morfologia ma oltre ad esistere una grande variabilità nelle tipologie di liquido tra i singoli pazienti, anche per quanto riguarda il medesimo paziente possono verificarsi variazioni di caratteristiche del liquido seminale tra il momento in cui viene prelevato e quello in cui si effettua il pick-up.
In terza giornata l’embriologo si occupa dello studio di un embrione che dovrebbe aver raggiunto un numero di otto cellule e ne può valutare la morfologia controllandola in termini di numero di cellule, che come detto dovrebbero essere otto ma possono esserci anche casi di embrioni più veloci che a questo punto avranno un maggior numero di cellule o più lenti con un numero di cellule che talvolta può essere anche di quattro; valuta la simmetria tra una cellula e l’altra e la frammentazione ovvero i piccoli frammenti cellulari che probabilmente l’embrione espelle perché non sono necessari. Nella valutazione della morfologia è necessario stare particolarmente attenti poiché l’accuratezza, soprattutto in terza giornata, è molto bassa, si possono avere embrioni di ottima qualità che non riescono ad impiantarsi oppure embrioni di qualità inferiore che al contrario, si associano poi ad una gravidanza
Quando si sceglie di portare avanti la coltura fino al raggiungimento dello stadio di blastocisti, quindi fino alla quinta giornata, l’embriologo si trova a lavorare con una serie di cellule che si saranno compattate originando una sorta di “pallone”; all’interno di questo si trovano due strutture molto importanti che sono le cellule della massa interna, una sorta di “bottone” all’interno di questo agglomerato cellulare e le cellule del trofoectoderma che rappresentano la “tappezzeria” della blastocisti, Il biologo procede con la valutazione dell’espansione d quest’ultima, e delle caratteristiche delle due diverse tipologie di cellule sopra elencate, anche in questo caso bisogna fare molta attenzione perché sebbene si sia raggiunto lo stadio di blastocisti, la sua morfologia fornisce delle indicazioni ma possono verificarsi casi in cui una blastocisti di ottima qualità non si impianti e casi in cui una blastocisti di qualità minore da invece origine ad una gravidanza.
Un embrione per essere in grado di dare origine ad una gravidanza, deve avere delle specifiche caratteristiche, prima fra tutte la vitalità, deve quindi essere un embrione in cui le cellule si dividono si moltiplicano e si differenziano e questo aspetto può essere valutato sia in terza giornata, nel passaggio dalle quattro alle otto cellule, sia al raggiungimento dello stadio di blastocisti con l’espansione di quest’ultima che aumenta di volume arrivando ad avere circa 150 cellule; l’embrione deve essere inoltre euploide, ovvero geneticamente normale e deve quindi possedere il corretto numero di cromosomi e deve essere anche competente all’impianto, la blastocisti deve perciò essere in grado di impiantarsi, in questa fase entra in campo l’endometrio che deve essere recettivo per poter accogliere l’embrione ,si instaura quindi una sorta di dialogo tra endometrio ed embrione che devono saper comunicare correttamente tra loro.
La domanda se sia migliore il trasferimento in terza o in quinta giornata nasce dal fatto che non tutti gli embrioni arrivati alla terza giornata arrivano allo stadio di blastocisti, con un buon tasso di blastulazione si potranno ottenere due, tre, massimo quattro blastocisti; il raggiungimento di questo stadio è la riprova che sarà stato selezionato l’embrione più forte, quello che è stato in grado di superare diversi step e numerosi ostacoli, per questo gli embriologi ritengono che la blastocisti abbia un potere di impianto maggiore.
La Dottoressa Alteri si avvale di una Cochrane Collaboration (un insieme di esperti mondiali che si riunisce per cercare di dare risposta a domande particolarmente delicate) per mostrare come dal 2002 in poi (nel caso specifico fino al 2016)ci sia stato un fortissimo interesse nei confronti di questo argomento e come partendo da un numero di 16 RCT ovvero randomized controlled trial (studi controllati randomizzati) del 2002 si sia arrivati nel 2016 ad un numero di studi pari a 27, le conclusioni alle quali sono arrivati in questo percorso dimostrano che procedere con il transfer di una blastocisti, aumenta il tasso di nati vivi calcolato per embriotransfer e questo proprio in forza del suo maggior potenziale di impianto ma allo stesso tempo verifica che se si sommano le chance di ottenere una gravidanza tra cicli a fresco più tutte le possibilità degli embrioni congelati, con una strategia e con l’altra, sembrerebbe che andare a blastocisti o trasferire in terza giornata non abbia un particolare impatto sul risultato finale; La dottoressa specifica però che tutti questi studi sono effettuati su pazienti che vengono definite a buona prognosi ovvero pazienti che ad esempio, riescono a recuperare un buon numero di ovociti, ovviamente nel caso in cui, ad esempio, si riescono a recuperare dieci ovociti e sette di questi si fecondano, quasi tutta lo comunità scientifica è concorde nel dire che si può procedere con il raggiungimento dello stadio di blastocisti provando così a selezionare gli embrioni più forti che saranno quindi caratterizzati da un maggiore potenziale. Diversa è la situazione in cui, ad esempio, in terza giornata si abbia a disposizione un solo embrione, in questo caso, dal ginecologo unitamente al biologo viene effettuato uno studio sulla storia della paziente e sull’andamento del ciclo e si cerca di capire quale sia la strategia migliore per la singola paziente in quel singolo ciclo. La Dottoressa Alteri ci dice che una risposta certa per i pazienti che recuperano un solo ovocita non è possibile darla, ma la ricerca si sta focalizzando su questo tema, lo studio presentato dalla Dottoressa è un protocollo di studio nel quale i ricercatori stanno cercando di effettuare uno studio prospettico randomizzato che prende in oggetto pazienti con pochi ovociti a disposizione, che in modo random saranno inseriti nel gruppo dei trasferimenti in terza giornata o in quello dei trasferimenti in quinta giornata, occorrerà del tempo per poter valutare i risultati poiché questo tipo di studio è particolarmente lungo, ma con un’altissima probabilità nell’arco di uno o due anni sarà possibile avere una risposta anche in merito a quale sia la strategia migliore tra il trasferire in terza o in quinta giornata nelle pazienti che recuperano pochi ovociti.
Quando è necessario effettuare la diagnosi preimpianto, la biopsia deve essere effettuata una volta raggiunto lo stadio di blastocisti, nei casi in cui si è provato a fare la biopsia in terza giornata prelevando una cellula, si è visto che questo poteva determinare una diminuzione del tasso di impianto, come se intervenire a questo punto dello sviluppo embrionale avesse in qualche modo danneggiato l’embrione, quando invece il prelievo delle cellule viene effettuato dal trofoectoderma, cioè dalla parete della blastocisti ( questa parte della blastocisti darà origine alla placenta e agli annessi extraembrionali mentre quelle della massa interna daranno origine all’embrione) sembra non verificarsi alcun impatto sullo sviluppo e sul successivo impianto della blastocisti. Per capire quale sia la strategia migliore da scegliere è necessario prendere in considerazione ogni singolo aspetto di ogni singola coppia in ogni singolo ciclo, è necessario valutare il numero di ovociti, la qualità del liquido seminale dal quale si possono recuperare informazioni sulle caratteristiche degli spermatozoi, occorre tenere in considerazione l’età della paziente anche se non è certo che possa influire sul tasso di blastulazione; si deve inoltre prestare attenzione a cosa è avvenuto in eventuali precedenti cicli e la Dottoressa suggerisce infine comunque di procedere con la coltivazione fino a raggiungere lo stadio di blastocisti eseguendo la diagnosi genetica preimpianto. Da non sottovalutare l’importanza del numero di embrioni da trasferire oltre alla scelta della strategia da attuare.
Nell’ultima slide fornita dalla Dottoressa Alteri è possibile trovare un link dal quale scaricare un questionario (al numero 16 in lingua italiana) sulla percezione dei pazienti in merito al numero di embrioni da trasferire, su quali sono i loro desideri e qual è la loro conoscenza riguardo ai limiti di trasferire ad esempio due embrioni. I dati raccolti, unitamente a quanto disponibile in letteratura permetterà alla Dottoressa e al gruppo di cui fa parte di stilare delle linee guida che dovrebbero poi essere introdotte nella pratica clinica europea.
Premesso che in ogni caso ciò che suggerisco è di porre tutte le domande necessarie a chiarire ogni vostro dubbio dal punto di vista clinico al medico che vi segue, ciò che mi sento di fare è dare una risposta da un punto di vista embriologico; avendo 6 blastocisti congelate, recuperate dal ciclo di eterologa effettuato e che sappiamo avere un potenziale di impianto maggiore rispetto alla terza giornata direi che può sicuramente procedere con ulteriori transfer anche perché avendo a disposizioni delle blastocisti sappiamo automaticamente di aver selezionato gli embrioni più forti che hanno raggiunto questo stadio di sviluppo.
Non esiste in realtà la situazione migliore, esistono strategie diverse ed entrano in gioco molti parametri diversi, come ad esempio l’età della paziente o il tipo di ciclo che stiamo seguendo, se eterologo o omologo; l’unica certezza che abbiamo è che trasferendo un’unica blastocisti si abbassa notevolmente la probabilità di avere una gravidanza gemellare che non è però pari a zero, in alcuni rari casi infatti può succedere che una blastocisti si possa “splittare” e dividere in due, inoltre impiantando due blastocisti potrebbero entrambe impiantarsi e una di queste eventualmente dividersi dando origine quindi anche ad un’eventuale gravidanza trigemina. Questo vale anche per un trasferimento in terza giornata poiché l’embrione a questo stadio procederà con il suo sviluppo raggiungendo lo stadio di blastocisti e quest’ultima seguirà l’andamento che abbiamo illustrato in precedenza; l’Impianto quindi di una singola blastocisti ci permette di minimizzare il rischio di una gravidanza gemellare. Da un punto di vista medico parliamo di minimizzazione del rischio poiché una gravidanza gemellare è una gravidanza complessa da un punto di vista ostetrico sia per la donna che per il nascituro ed anche per l’equipe medica che dovrà poi gestire e seguire un percorso di questo tipo, per questo è importante che la paziente sia a conoscenza di tutti gli eventuali rischi e complicazioni che si possono verificare nell’affrontare una gravidanza di questo tipo.
Per quanto riguarda la prima domanda, Il processo di sdoppiamento può assolutamente verificarsi anche con una blastocisti crioconservata, in merito al secondo quesito, sicuramente un singolo embrio-transfer minimizza la probabilità di gemellarità (con le problematiche che ne deriverebbero), l’età della paziente può incidere, nel senso che in alcuni centri talvolta si opera trasferendo una singola blastocisti in donne più giovani mentre nel caso di paziente di età materna un po’ più avanzata si può azzardare a trasferirne di più, questo proprio perché si parte dal presupposto che gli ovociti di una paziente in età materna avanzata , non sono quelli di una donna più giovane e quindi potrebbero avere una maggiore probabilità di presentare anomalie genetiche ed aumentare di conseguenza il tasso di aneuploidia cioè di avere una blastocisti con un non corretto numero di cromosomi e quindi con un più basso tasso di impianto. Una particolare attenzione va posta poi in presenza di un transfer da ciclo eterologo poiché in questo caso, lavoriamo su ovociti che arrivano da donatrici giovani da cui si otterranno blastocisti con una più alta probabilità di impiantarsi; nel caso ad esempio del San Raffaele, la strategia adottata in caso di transfer da eterologa è di un singolo embrio-transfer sempre. Per uscire poi dal panorama italiano possiamo prendere ad esempio la politica che viene effettuata nei centri del nord Europa; qui il singolo embrio-transfer è obbligatorio per i primi tentativi e soprattutto in pazienti moto giovani poiché la probabilità di impianto delle blastocisti che riusciremo a generare non sarà poi bassissima, proprio perché il numero di embrioni euploidi, dotati quindi di un corretto patrimonio genetico, è molto alto.
La diagnosi genetica preimpianto solitamente viene consigliata a coppie con un’età materna avanzata ( e non è questo il caso )ed in presenza di plurifallimenti, quindi dopo il verificarsi di due/tre aborti oppure dopo più transfer nei quali l’embrione non si è impiantato; questo tipo di indagine ci permette, tramite la biopsia, di avere la certezza che l’embrione che andremo ad impiantare sia geneticamente normale ed avrà quindi una maggiore probabilità di generare una gravidanza; la scelta di effettuare o meno questo tipo di esame in un caso come quello indicato dipende molto dalle strategie del singolo centro, alcuni possono consigliarla al primo aborto, altri solo dopo più tentativi non riusciti. Se tale suggerimento è invece stato fornito dal medico che segue la coppia, probabilmente non si è fermato a considerare l’età ed il fatto che si trattasse del primo aborto ma, conoscendo la completa situazione clinica dei pazienti potrebbe aver ritenuto utile ricorrere a tale indagine e in tal caso procederei come suggerito.
La qualità del limite seminale è uno di quei parametri che può essere preso in considerazione se dobbiamo scegliere la strategia di trasferimento in terza o in quinta giornata, questo perché si è visto che il tasso di blastulazione (di raggiungimento dello stato di blastocisti da parte dell’embrione) nei pazienti con una qualità di liquido seminale non ottimale, è piuttosto bassa e quindi con una situazione come quella descritta si potrebbe pensare di fare il transfer in terza giornata; detto ciò anche in questo caso è necessario contestualizzare; se ad esempio abbiamo recuperato un buon numero di ovociti, abbiamo selezionato gli spermatozoi migliori, abbiamo ottenuto un buon tasso di fecondazione e gli embrioni in terza giornata non sono male almeno da un punto di vista morfologico(che è l’unico aspetto che possiamo analizzare ed indagare), potremmo tentare magari nel primo ciclo di andare a blastocisti e vedere cosa accade poiché anche questo può darci indicazioni importanti (magari gli spermatozoi appaiono da un punto di vista morfologico di motilità e concentrazione non ottimali ma in realtà all’interno hanno tutte le caratteristiche necessarie ), qualora purtroppo non dovessimo ottenere il risultato sperato si potrà valutare di fare un successivo tentativo con un transfer in terza giornata; l’esperienza ci dimostra che si possono ottenere blastocisti anche in coppie in cui effettuiamo la ICSI con l’utilizzo di spermatozoi testicolari.
Purtroppo no, l’ovocita di una donna di quest’età ha purtroppo una più alta probabilità di non aver un corredo cromosomico corretto e presentare ad esempio embrioni affetti da trisomie o monosomie, questa purtroppo è una condizione intrinseca della donna.
A 34 anni non siamo ancora in età materna avanzata e quindi la probabilità di ottenere delle blastocisti euploidi è piuttosto alta, con i numeri che vedo indicati direi che il risultato ottenuto è da considerare un successo; nel caso specifico, non avendo effettuato la diagnosi preimpianto (in questo caso non avevamo l’indicazione ad effettuarla e va bene così), l’embriologo sceglierà la blastocisti che apparirà di migliore qualità morfologicamente parlando. Per quanto riguarda la seconda domanda direi che a 34 anni esiste una buona probabilità che su sette blastocisti almeno una di queste sia euploide; ovviamente ogni caso dovrebbe essere valutato singolarmente e studiando la paziente a 360 gradi. Il fatto comunque che non sia stata suggerita la diagnosi preimpianto all’età della paziente è stata una scelta corretta.
Questa domanda è prettamente di pertinenza medica, prima del transfer il biologo non ha contatto diretto con il paziente e tutte queste indagini dipendono da ogni singola situazione; indubbiamente devono e possono essere valutate in maniera ottimale dal medico che segue la paziente.
Alcuni studi scientifici hanno osservato che anormali parametri di liquido seminale potrebbero essere associati ad una diminuzione nel tasso di blastulazione, suggerendo che la qualità del liquido seminale rappresenti un fattore da considerare nella scelta della giornata di trasferimento embrionario.
Negli anni il livello di esperienza degli operatori nell’esecuzione della biopsia della blastocisti da analizzare ha portato al raggiungimento di ottimi risultati. L’esecuzione della biopsia allo stadio di blastocisti garantisce un impatto minimo sulle capacità evolutive degli embrioni e quindi sulle probabilità di impianto. Bisogna comunque considerate che ogni manipolazione sugli embrioni rappresenta una potenziale fonte di danno e per tale motivo l’esecuzione va considerata caso per caso in base alle indicazioni cliniche.
L’appropriata strategia clinica per ogni coppia deve essere valutata dal medico alla luce della storia dei pazienti. L’embriologo è il professionista di riferimento al quale le coppie infertili possono richiedere tutte le informazioni che riguardano il processo di recupero delle cellule (uovo e spermatozoo), il loro trattamento e la loro unione al fine di generare gli embrioni utili per il trasferimento. Nel laboratorio di embriologia, vero cuore del Centro di fecondazione assistita, i gameti e gli embrioni sono custoditi, valutati, coltivati e, se necessario, crioconservati. Tutte queste procedure vengono attuate in un ambiente protetto e rigorosamente regolamentato, di cui il garante è proprio l’embriologo.
Non ci sono evidenze scientifiche riguardo ad una differenza nel tasso di aborto tra le due strategie.
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