Luca Gianaroli, MD
Direttore Scientifico di S.I.S.Me.R., S.I.S.Me.R.
Categoria:
crioconservazione ovociti, social freezing (crioconservazione ovociti), Valutazione della fertilità
In questa sessione il Dott. Luca Gianaroli, Specialista in Ginecologia e Ostetricia, Direttore Scientifico di S.I.S.Me.R., ci spiegherà come e quando la tecnica di crioconservazione degli ovociti può essere applicata per la conservazione della fertilità.
In cosa consiste la crioconservazione?
Per crioconservazione si intende il congelamento di materiale biologico in azoto liquido per preservarlo nel tempo, mantenendo inalterate le condizioni. E’ possibile crioconservare ovociti, spermatozoi, tessuto gonadico (ovarico e testicolare) ed embrioni. Oltre ad essere applicata ai trattamenti di procreazione assistita, questa tecnica può essere utilizzata per la preservazione della fertilità. Il suo vantaggio principale consiste nel fatto che il materiale biologico crioconservato mantiene inalterate le caratteristiche dell’età in cui è avvenuta la crioconservazione, indipendentemente dall’età che avrà il paziente quando lo utilizzerà. Questo vantaggio è importante soprattutto nel caso degli ovociti, che sono soggetti a una significativa diminuzione in termini di quantità e qualità con l’avanzare dell’età.
I fattori socio-culturali influiscono a causa del progressivo ritardo con cui si arriva al primo figlio in Europa, dove l’italia è tra i primi Paesi dove si aspetta troppo.
Perché preservare la fertilità femminile?
Motivazioni mediche:
Motivazioni sociali:
Il ruolo del Ginecologo è importante per stimolare consapevolezza e riflessione nelle pazienti su:
In che consiste il social freezing?
Il Social Freezing Il social freezing consiste nella possibilità di crioconservare i propri ovociti, quando le ovaia sono ancora sufficientemente “giovani”, per garantirsi la possibilità di posticipare la maternità Non si tratta, dunque, di una metodica che permette di ottenere certamente una gravidanza, ma consente alla donna di posticipare i suoi propositi di maternità sulla base delle esigenze del momento.
Quando farlo?
La quantità e la qualità degli ovociti diminuisce naturalmente con l’avanzare dell’età. Per ottenere risultati migliori è quindi consigliabile procedere alla crioconservazione entro i 35 anni. E se si fa dopo i 35 anni? La paziente che si sottopone a crioconservazione dopo i 35 anni deve essere consapevole del fatto che: potrebbe essere necessario effettuare più prelievi chirurgici per ottenere un numero soddisfacente di ovociti; in caso di utilizzo degli ovociti congelati per un trattamento di PMA le possibilità di successo potrebbero essere minori.
Quali sono le tappe?
Quali sono i costi da tenere in considerazione?
Come utilizzare gli ovociti?
In qualsiasi momento gli ovociti crioconservati potranno:
Social freezing ed Egg sharing
Siccome il social freezing non viene offerto nelle strutture pubbliche, una potenziale limitazione all’accesso ai programmi di social freezing potrebbe essere costituita dai costi per farmaci ed esami, per la procedura e per il successivo mantenimento dei campioni crioconservati.
Una strategia per evitarlo potrebbe essere quella di combinare Social freezing ed Egg sharing. Alle donne che, sottoponendosi a social freezing, accettano di donare eventuali ovociti in sovrannumero ad altre donne affette da infertilità, potrebbero essere garantite tariffe agevolate. Questo favorirebbe anche la creazione di banche di gameti volontarie e altruistiche a livello nazionale, limitando l’importazione dall’estero.
La risposta in questo caso è estremamente difficile da dare perché a 44 anni le possibilità di concepire con cellule uovo appartenenti alla donna di quest’età, sono del 1/2 per cento, il che vuol dire che noi avremmo bisogno di mettere da parte un numero di cellule uovo talmente elevato che il più delle volte o quasi sempre, per non dire sempre, la paziente non può dare o non è addirittura in grado di dare anche con numerosi prelievi di cellule uovo. Teniamo anche presente che a 44 anni il rischio delle alterazioni cromosomiche nel concepito comincia a diventare consistente, quindi diciamo che da un punto di vista tecnico sarebbe possibile, ma da un punto di vista pratico, se il goal finale è quello di avere una gravidanza a termine, il consiglio è di non farlo.
Assolutamente no: calcoliamo che ogni bambina e ogni donna ha almeno qualche milione di cellula uovo, e che di questa quantità di cellule uovo ne consuma 500 o 600 nella vita naturale tanti quali sono i cicli mestruali, quindi prelevare 10 15 20 ovociti non è assolutamente influenza sulla fertilità.
No la risposta è no: le cellule uovo, come un qualsiasi altra cellula che viene conservata in cui si ferma l’orologio biologico della vita, non hanno nessuna perdita di fertilità o di qualità. L’unico rischio che viene corso é qualora ci siano eventi avversi esterni, ovviamente non programmati, che possono in questo caso influenzare dall’esterno la qualità delle cellule uovo. Faccio un esempio: purtroppo voi sapete benissimo che subito dopo l’evento drammatico di Chernobyl si sono avuti in maniera esponenziale a seconda della lontananza della distanza da Chernobyl, percentuali di aborto in crescita proprio perché le radiazioni che si erano avute avevano danneggiatole cellule uovo. Qui è evidente che se noi abbiamo le nostre cellule uovo conservate nel nostro laboratorio e sperando che non accada ancora una chernobyl, queste cellule uovo non possono perdere ovviamente qualità. E quanto tempo posso rimanere in laboratorio? teoricamente indefinitamente però non dimentichiamoci mai che se il goal è quello di avere un figlio gli anni che passano per la paziente sono anni che non giocano a favore ad esempio della qualità dell’utero; quindi immaginiamoci sempre la prima conservazione di cellule uovo come una coperta di linus, una possibilità che però quando poi viene data dalla vita va accolta e possibilmente presto.
Non è vero del tutto e non è falso del tutto e il motivo è molto semplice: la cellula uovo è ovviamente in uno stadio che precede quello embrionale, quindi immaginiamoci quello che succede in natura che è identico a quello che succede tutti i nostri laboratori: non tutte le cellule uovo si fecondano. non tutte le cellule uovo fecondate diventano embrioni, non tutti gli embrioni sono poi capaci una volta messi all’interno dell’utero di impiantarsi. Per avere ad esempio 5 embrioni ci vogliono 10, 12 ovociti. Un ruolo fondamentale lo gioca molto anche il partner maschile a questo punto, perché la qualità dello spermatozoo gioca un ruolo fondamentale. Quindi a parità di numero é ovvio che è più facile avere una gravidanza da un embrione perché é in uno stadio già più avanzato, però la cellula uovo conservata qualora sopravvive allo scongelamento, e questo avviene nell 80/85/90 per cento dei casi, è una cellula uovo che ha tutte le possibilità di diventare embrione e di impiantarsi.
Le prove sono semplicissime: un prelievo del sangue per capire la riserva ovarica ( AMH) e un’ecografia all’inizio del ciclo. Questi due esami messi assieme ci indicano la riserva ovarica residua e quindi orientativamente quante uova possano essere prelevate con un prelievo di ovociti così da avere un’idea di quante uova potremo conservare e di conseguenza delle possibilità che la paziente ha poi avere un figlio qualora lo desideri.
Si, è consigliato qualora ovviamente il desiderio di maternità sia molto forte. Teniamo anche presente che se parliamo di un tumore al seno geneticamente dato, queste cellule uovo possono a loro volta trasmettere la patologia genetica. In questi casi qualora si sappia che il tumore è geneticamente guidato, si può ricorrere alla diagnosi preimpianto quindi alla possibilità di scartare cellule uovo che sono portatrici di problemi genetici.
Non debilita o sì, a seconda dello spirito col quale la paziente affronta la cosa. Se il desiderio di una gravidanza è molto forte da un punto di vista pratico non c’è un calo della qualità della salute della donna. L’intervento, se non ha complicanze, come avete visto, è un intervento semplice, e oggi come oggi ci sono stimolazioni le cosiddette stimolazioni doppie che possono permettere a una donna di avere anche due stimolazioni nell’arco di un solo mese per mettere da parte il maggior numero di le uova possibile prima di iniziare le eventuali chemioterapia.
É molto personale: io mi ricordo che con la stessa carica virale influenzale c’è chi si mette la sciarpa e con 37,2 va a lavorare e chi si mette a letto per una settimana maledicendo la vita! Quindi la stessa stimolazione ormonale ha effetti fisici molto limitati e da un punto di vista psicologico molto dipendenti appunto dallo spirito con cui si affronta questa cosa. Se queste tecniche sono viste come un aiuto e come una possibilità positiva per ottenere quello che si vuole, il più delle volte non sono considerate invasive dalle pazienti, quindi da un punto di vista pratico e medico non lo sono, da un punto di vista psicologico è estremamente dipendente dalla paziente stessa.
Purtroppo non ancora, però grazie all’aiuto di alcuni colleghi e grazie bisogna dirlo al Sottosegretario è stato istituito un tavolo per la procreazione assistita presso il ministero, all’interno del quale si stanno vedendo alcuni aspetti restrittivi delle norme che ci sono adesso e all’interno del quale potrebbe essere possibile far sì che social freezingsia una metodica che diventa a carico del sistema sanitario.
Uno dei punti di forza di questo è, sembra brutto dirlo, ma è porre sul piatto della bilancia anche il costo. Mi spiego: una donna che dilaziona la ricerca dei figli dai 35 anni avrà un costo per la comunità questo suo trattamento al di là dei risultati molto più elevato che se invece non fosse informata della possibilità che a 34/ 35 anni può conservare le proprie cellule uovo. Questo tavolo si sta anche battendo per un altro aspetto che trovo interessante, se voi ci pensate è stato fatto un grandissimo sforzo informativo sulla pubertà, sulle malattie sessualmente trasmesse, sulla contraccezione e anche sull’interruzione volontaria di gravidanza; purtroppo sugli aspetti positivi della riproduzione e quindi la possibilità di concepire, non esistono delle campagne informative profonde fatte bene e questo non è un altro aspetto che questo tavolo appunto sta valutando. Quindi io penso che la strada rimanga ancora quella dell’informazione che potrà anche spingere appunto a far sì che il social freezing diventi poi al carico del sistema sanitario.
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