Prof. Luciano Nardo, MD MRCOG
, Consulente Ginecologo, Sub-specialista in Medicina Riproduttiva & Chirurgia, UK
Categoria:
Riserva ovarica bassa, Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), Valutazione della fertilità
In questa sessione il Prof. Luciano Nardo, Consulente Ginecologo, Sub-specialista in Medicina Riproduttiva & Chirurgia, ha spiegato come possono essere personalizzati i protocolli di stimolazione ovarica e quali sono gli altri trattamenti disponibili per donne con scarsa riserva ovarica.
Quotidianamente nella sfera riproduttiva vengono valutati fattori prognostici negativi e positivi e questo permette di capire come poter intraprendere un dato percorso terapeutico per ogni paziente, sapere per esempio l’età della paziente, il valore della riserva ovarica, conoscerne l’anamnesi riproduttiva, eventuali cause di infertilità o da quanto tempo questa perdura, sono sicuramente parametri importanti, così come conoscere la risposta ovarica, il numero di ovociti disponibili in un precedente trattamento, il numero di ovociti fertilizzati unitamente al numero e alla qualità degli embrioni e la qualità e il numero delle blastocisti. Trovare la risposta adatta ad una combinazione di fattori positivi e negativi diventa importante per individualizzare il trattamento, e personalizzare i protocolli in modo tale da aumentare le possibilità di successo, massimizzare la completezza del trattamento e ottenere il risultato desiderato.
Ottimizzare la risposta ovarica in base ai risultati dei test di riserva ovarica e alle conoscenze dei cicli precedenti è fondamentale perché tali informazioni aiutano ad intraprendere un percorso diverso nei cicli successivi. Sono stati effettuati e pubblicati diversi lavori che dimostrano quanto sia importante individualizzare i protocolli di stimolazione terapeutica a seconda delle caratteristiche e dei fattori prognostici disponibili; La teoria di un approccio per tutti non è efficace, è noto infatti che il percorso può essere più efficace e più breve, quanto più misurata è stata la raccolta delle informazioni nella prima parte del percorso di fertilità. Aiutano indubbiamente per questo fine l’esperienza e la pratica clinica, l’evidenza e i dati disponibili così come la conoscenza delle caratteristiche e delle aspettative delle pazienti.
Esistono diversi tipologie di pazienti, ma tre in particolare sono quelli che possono rappresentare maggiori difficoltà per un clinico che si occupa di medicina della riproduzione.
La differenza tra la riserva ovarica e la risposta ovarica sta nel fatto che, la risposta ovarica normalmente segue la stimolazione e non necessariamente una donna con bassa riserva ovarica avrà una risposta ovarica scarsa, potrebbe anche succedere che il protocollo effettuato, non abbia poi avuto come risultato la risposta ovarica adeguata, la riserva ovarica invece è ciò che viene misurato quotidianamente tramite prelievo per conoscere il valore dell’amh e tramite ecografia transvaginale per conoscere il valore dell’afc ovvero la conta follicolare. L’età cronologica è sicuramente un fattore determinante nelle percentuali di successo e molte delle pazienti che si rivolgono alla clinica hanno oltre 37 anni, sono donne che si affacciano quindi su quella finestra che viene definita di declino della fertilità; all’interno della medesima fascia però possono esserci degli estremi di risposta per cui tra i 37 e i 39 anni ci possono essere donne che hanno una risposta ovarica perché hanno una riserva ovarica inferiore alla norma, donne che hanno una risposta ovarica perché hanno una riserva ovarica superiore alla norma, ancora pazienti che hanno risposta ovarica e riserva ovarica che sono considerate normali per la loro età e poi possono esserci donne che hanno una buona riserva ovarica ma una risposta ovarica scarsa. Ciò che è importante fare non è cercare di cambiare il protocollo dopo un ciclo che non ha avuto successo, ma cercare di predire la risposta e definire il protocollo terapeutico per ottenere il miglior risultato nel primo ciclo di trattamento.
La cosa principale da fare che il professore illustra, è comprendere che cosa troviamo all’interno delle ovaie; qual è la funzione della riserva ovarica o la riserva ovarica che si può modificare con i protocolli terapeutici che non sono uguali per tutti ma devono essere definiti in base alle caratteristiche delle pazienti.
È noto che la funzione ovarica, che viene misurata come riserva ovarica, ha una correlazione con il numero dei follicoli all’interno delle ovaie, se ad esempio una paziente avesse un amh basso o una conta follicolare bassa sarà attendibile che il numero dei follicoli sia basso, non sarà quindi possibile fornire il medesimo trattamento a pazienti con funzionalità ovarica differente ed è proprio l’utilizzo di test, così come la afc e l’amh, che permettono di definire i parametri entro i quali la funzione ovarica viene determinata e quale sia il protocollo terapeutico da seguire.
L’ormone amh, oggi molto utilizzato, è un ormone predittivo ed è nota la correlazione tra valore amh e il numero dei follicoli antrali così come tra età cronologica e riserva ovarica, nel momento in cui quindi si ha a disposizione la riserva misurata tramite conta follicolare, la riserva misurata tramite amh ed è nota l’età della paziente sarà possibile determinare il fattore prognostico della paziente e in forza di questo stabilire il protocollo terapeutico. In oltre il 60% dei casi in cui la risposta ovarica è scarsa, questa rimane tale proprio perché la risposta inadeguata è correlata alla riserva ovarica inadeguata, da questo si deduce che invece nel 28% dei casi una risposta inadeguata in un ciclo può cambiare nel ciclo successivo ciò significa che in 1/3 dei casi un’adeguata scelta del protocollo terapeutico può permette di cambiare l’esito della risposta.
La somministrazione di fsh, aiuta la crescita follicolare e aiuta i follicoli ad uscire dallo stato di quiete in cui si trovano e la misurazione del numero di follicoli che si sviluppano nel ciclo di stimolazione in relazione al numero iniziale degli stessi, permette di ottenere un buon indice prognostico, quindi se una paziente ha 5 follicoli all’inizio del ciclo e al momento del prelievo ovocitario ha 5 follicoli maturi, non ha una risposta ovarica scarsa, ma al contrario una risposta eccellente, mentre una donna che ha 15 follicoli iniziali e di questi solo 5 raggiungono lo stato di maturazione adatta per il prelievo ha una risposta ovocitaria inadeguata; la definizione di risposta ovocitaria quindi, segue quello che viene definito output follicol rate cioè la relazione tra il numero di follicoli che sono maturati e il numero di follicoli iniziali, inoltre dai dati pubblicati in letteratura è noto che il numero adeguato per ottenere una gravidanza di successo è pari a 15 e questo numero dipende anche dall’età della paziente, ovviamente questo valore è più facilmente riscontrabile in una paziente di età compresa tra i 18 e i 34 anni piuttosto che di età superiore ai 38/40 anni e con alte probabilità la donna più giovane necessiterà di un solo ciclo per ottener i 15 ovociti, mentre una paziente di età superiore dovrà ricorrere a più cicli magari tre o quattro per ottenere lo stesso numero. All’interno delle ovaie sono presenti diversi follicoli, alcuni di questi sono dipendenti dalle somministrazioni di ormoni e altri no, e i follicoli dipendenti sono quelli chiamati antrali quindi conoscere all’inizio del ciclo il numero dei follicoli è indubbiamente un’indicazione importante.
Possono essere utilizzati diversi tipi di protocolli, quello che secondo il professore è il gold standard è utilizzare dei protocolli che varino a seconda delle pazienti, solitamente il professore utilizza un protocollo breve con antagonisti, in pazienti con sindrome dell’ovaio policistico, in pazienti che donano ovociti e in quelle che hanno un alto rischio di eccessiva risposta; in questi casi quella che viene variata è la dose di fsh ed lh, si applica sempre un protocollo breve con uso di antagonisti e questo tipo di procedimento permette una migliore individualizzazione del protocollo, una riduzione del rischio di iperstimolazione ed un utilizzo più basso di gonadotropine. Diverso è l’approccio nelle pazienti con endometriosi e con risposta o riserva ovarica normali, il professore interviene con un protocollo lungo con soppressione ipofisaria; un ulteriore tipo di protocollo breve utilizzato dal professor Nardo è quello con micro-flare, il trattamento prevede un utilizzo molto basso di gnrh che serve a supplementare gli ormoni già presenti nel corpo della donna, un protocollo di questo tipo aumenta il reclutamento follicolare, la risposta follicolare e la maturazione degli ovociti. Anche la letteratura conferma quanto detto dal professore.
Le gonadotropine utilizzate nei diversi trattamenti possono contenere solo fsh, altre contengono fsh ed lh ed altre contengono un ormone simile all’lh e che si chiama hmg, l’esperienza quotidiana del professor Nardo ha fatto sì che fosse possibile riscontrare l’importanza di offrire un trattamento personalizzato avvalendosi proprio dell’ormone lh, soprattutto nelle pazienti con scarsa riserva ovarica e in quelle di età superiore ai 37 anni , questo perché l’lh riduce l’apoptosi, cioè la morte naturale delle cellule del cumulo che circondano l’ovocita, aumenta la risposta del recettore per l’fsh, stimola i fattori di crescita che sono importanti per la crescita dei follicoli ed inoltre stimola l’espressione di proteine anti-apoptoiche. Solitamente viene effettuata un’ecografia per valutare i follicoli all’inizio della stimolazione e a seconda del numero dei follicoli sarà scelta una determinata quantità di fsh, si valuterà se lavorare con o senza lh e si applicherà o un protocollo breve con antagonista o lungo o corto con micro-flare (nella scheda illustrata dal dottor nardo è possibile vedere la correlazione tra questi dati).
Il numero di ovociti disponibili fornisce un’indicazione importante in merito al numero delle blastocisti che saranno disponibili, nello schema illustrato dal professor Nardo è possibile vedere come, all’aumentare dell’età della paziente, si riduce la percentuale delle nascite ed aumenta invece la percentuale degli aborti che a sua volta correla con l’aumento delle patologie genetiche negli embrioni. In un ulteriore studio illustrato dal professore è possibile vedere la correlazione tra il numero di blastocisti (che ovviamente dipende anche dal numero di ovociti iniziale) e la percentuale di probabilità di ottenere embrioni geneticamente euploidi; prendendo a riferimento alcuni dei dati disponibili è possibile vedere come per una paziente di età inferiore ai 35 anni che ha a disposizione un numero di blastocisti compreso tra 1e 3 la percentuale di avere embrioni euploidi è dell’85% , se a parità di età la paziente ha adisposizione tra 7 e 10 blastocisti, la percentuale sale al 99%; nel momento in cui l’età della paziente sale ed arriva intorno ai 41/42 anni per poter avere una percentuale del 85% , saranno necessarie tra 7 e 10 blastocisti rispetto alle 1/3 necessarie per una donna più giovane, questo dimostra che per poter avere un embrione euploide sono necessarie molte più blastocisti in pazienti di età avanzata; come è possibile ottenere questo? È possibile eseguire cicli consecutivi di stimolazione che permettono il prelevamento di ovociti, la fertilizzazione in vitro, la biopsia genetica delle blastocisti e il congelamento degli embrioni; una volta ottenuto l’esito della biopsia si può decidere come procedere, se si trasferisce la blastocisti geneticamente normale o se si procede con un altro ciclo di stimolazione, il beneficio di questi cicli consecutivi è quello da un lato di avere un effetto cumulativo all’interno del sistema ovarico per cui gli ormoni somministrati nel ciclo precedente sono ancora in circolo e possono avere un effetto benefico sulla stimolazione successiva, al contempo fa sì che si riducono i costi per cicli ripetuti effettuati con embrioni congelati nel caso in cui gli embrioni possano essere geneticamente normali, da ciò si evince che, cicli di stimolazione ripetuti danno un numero maggiore di ovociti e quindi di blastocisti, danno più disponibilità allo screening genetico preimpianto, limitano l’impatto dell’età sulla riserva ovarica e riducono i costi perché fanno sì che non vengano effettuati trasferimenti di embrioni geneticamente non normali.
La stimolazione ovarica è potenzialmente eseguibile su tutte le donne, ma dipende ovviamente dalla presenza o meno dei follicoli, se eseguendo un’ecografia ad una paziente dovessimo riscontrare che non ci sono follicoli nelle ovaie e la paziente ha un valore amh di 0.02, non varrebbe la pena effettuare la stimolazione perché quest’ultima non va ad inserire nessun follicolo nelle ovaie ma va a stimolare quello che è già presente, il fatto che possa essere eseguibile quindi su tutte le donne, non significa che poi vi ricorreranno tutte le pazienti proprio perché lo scopo del trattamento è quello di fare crescere i follicoli che devono però essere già presenti.
I trattamenti personalizzati, sono molto diversi tra di loro, esistono trattamenti lunghi con l’utilizzo solo di fsh o con fsh e lh oppure trattamenti brevi che possono essere effettuati con antagonisti o con piccole dosi di gnrh o anche questi possono utilizzare solo fsh o una combinazione di fsh e lh; lo specifico trattamento viene deciso in base alle specifiche caratteristiche della paziente tra le quali ad esempio l’età e il risultato ottenuto dal test di riserva ovarica.
La sindrome dell’ovaio iper-stimolato è più frequente in donne con un alto numero di follicoli o con un’alta riserva ovarica così come per in pazienti con sindrome dell’ovaio policistico, ciò che è necessario fare è ridurre il rischio dell’iperstimolazione, questo è possibile prescrivendo basse dosi di gonadotropine e allo stesso momento scegliendo protocolli con antagonisti che permettono una modulazione e un controllo maggiore della stimolazione.
La stimolazione ovarica può essere effettuata ogni mese, non è necessario mantenere un intervallo tra i cicli, anzi, effettuarla in maniera consecutiva potrebbe avere un effetto benefico, ma ogni singolo caso deve essere valutato in maniera attenta e specifica per capire se sia la cosa più corretta da fare, potrebbero infatti esserci dei casi in cui eseguire una stimolazione ovarica potrebbe non aver senso se ad esempio nel ciclo precedente non ha dato alcun esito positivo.
In donne in menopausa, donne che non hanno follicoli e donne che non hanno cicli regolari, non vale la pena eseguire la stimolazione ovarica per cui la limitazione dell’esecuzione del trattamento è data dalla presenza o meno di follicoli escludendo che la donna sia già entrata in menopausa.
Le percentuali di successo possono anche raddoppiarsi attraverso la stimolazione ovarica personalizzata, perché quando questa permette di ottenere una risposta ovarica adeguata, questo fa sì che si ottenga un numero più alto di ovociti e conseguentemente che si abbia un più alto numero di blastocisti, questo fa sì che le percentuali di successo aumentano.
Non ci sono farmaci da evitare, quelli che vengono utilizzati sono fsh, lh, soprattutto nelle donne di età cronologica superiore a 37 anni, o che abbiano avuto una risposta ovarica non sufficiente nei cicli precedenti; in alcuni casi si può ricorrere anche ad un ormone che ha un’attività simile all’lh e che si chiama hmg.
E’ possibile effettuare la stimolazione in donne con sindrome dell’ovaio policistico, ovviamente per queste pazienti si dovrà ricorrere ad una stimolazione più blanda con dosaggi molto inferiori per evitare il rischio di iperstimolazione, ma anche per evitare che gli ovociti prelevati possano essere immaturi; solitamente in queste pazienti la stimolazione si effettua con basse dosi di gonadotropine unitamente ad un protocollo breve con antagonista.
Possiamo parlare di doppia stimolazione in due casi, nel caso in cui si effettuano due cicli successivi di stimolazione in cui, si stimolano le ovaie, si prelevano gli ovociti e si continuano a stimolare le ovaie per un ciclo successivo, oppure si parla di doppia stimolazione anche nel caso in cui, al momento dell’iniezione precedente al prelievo degli ovociti circa 34/36 ore prima , è possibile somministrare una doppia dose di hcg (che in Italia si fa con diversi tipi di farmaci), oppure una combinazione di hcg e gnrh per indurre una maturazione finale degli ovociti.
Sicuramente è importante essere emotivamente e fisicamente in buone condizioni, cercare di evitare alcol e fumo e in alcuni casi, cercare ove possibile di pianificarlo, assumendo ad esempio la pillola anticoncezionale per coordinare la stimolazione poiché si è visto che il protocollo in cui la pillola anticoncezionale viene assunta prima della stimolazione può indurre una crescita follicolare migliore, più omogenea; in altri casi l’utilizzo di supplementi come il DHEA, il coenzima q10 l’omega tre o altre vitamine c, d, e, o il betacarotene, possono aumentare in un certo senso la risposta follicolare, ovarica , non cambiano però la risposta in quelle pazienti che hanno un bassa risposta ovarica o una bassa riserva ovarica.
Donne con bassa riserva ovarica, possono ricorrere alla stimolazione, è necessario individualizzare il protocollo, usare una combinazione di fsh e lh, in alcuni casi prescrivere la pillola per coordinare la crescita follicolare e generalmente utilizzare un protocollo breve chiamato di microflare.
È’ una domanda che spesso ci poniamo anche noi in clinica, non si ha evidenza che donne con endometriosi, specialmente se l’endometriosi non è ovarica, e fibromi uterini, quindi miomi, abbiano una risposta scarsa o una qualità scarsa degli ovociti, alcune volte dipende dal tipo di stimolazione, talvolta il fatto di sapere che siamo in presenza di endometriosi o fibromi, porta a utilizzare un protocollo specifico che potrebbe non essere adatto ad alcune pazienti. Nel caso specifico della paziente che ci scrive sarebbe utile conoscere il valore della riserva ovarica quindi i valori di amh e la conta follicolare, poi si dovrebbe valutare i protocolli utilizzati, quali tipi di ormoni sono stati assunti e valutare se cambiando protocollo e variando dosaggio o tipologia di ormoni si può ottenere un risultato migliore.
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