Livia Pellegrini PhD
Dottore di Ricerca in Biotecnologie Applicate, Delegata regionale della SIERR, SIERR (Società italiana di Embriologia, Riproduzione e Ricerca)
Categoria:
Embriologia, Impianto dell’embrione, Trasferimento di Embrioni
In questa sessione la Dott.ssa Livia Pellegrini, Delegata Regionale SIERR Emilia-Romagna e biologa presso IVI-RMA Global Roma, approfondisce come gli embriologi si prendono cura degli propri ovociti e quale è la sequenza che porta allo sviluppo embrionale.
L’embriologia è la branca della biologia che studia lo sviluppo embrionale a partire dalle prime fasi della vita quindi dall’unione di spermatozoo ed ovocita, fino a tutte le successive divisioni cellulari che porteranno alla formazione della blastocisti e al suo impianto nell’endometrio uterino dando origine ad una gravidanza. Quando queste prime fasi non avvengono nell’apparato riproduttivo femminile, si parla di procreazione medicalmente assistita ossia l’insieme di tutte le tecniche disponibili per ottenere un concepimento e superare i problemi di fertilità che ha la coppia o il singolo individuo.
Negli ultimi 40 anni sono stati fatti passi da gigante in questa materia, a partire dal 1978, anno in cui nasce la prima bambina “in provetta” (in corrispondenza del compleanno della quale ricorre la giornata mondiale dell’embriologo) lo studio in questa branca della biologia ha portato allo sviluppo di tecniche come la diagnosi genetica pre impianto, che permette di sapere a priori ossia prima del transfer, se l’embrione presenta malattie genetiche o alterazioni cromosomiche; la tecnica ICSI o la crioconservazione di embrioni e gameti, che risulta essere fondamentale per alcune procedure e per conservare questo materiale molto delicato, fino ad arrivare allo sviluppo di strumenti come gli incubatori time-lapse, che permettono di monitorare in ogni istante come si sviluppa e cosa accade all’embrione.
Il laboratorio di PMA si divide a sua volta in laboratorio di embriologia quindi di fecondazione in vitro e laboratorio di andrologia. Tutte le procedure che vengono eseguite all’interno di questi laboratori sono effettuate con protocolli testati, in un ambiente controllato e finemente regolati, per garantirne i risultati più ottimali
All’interno del laboratorio di PMA lavora l’embriologo che è un biologo in possesso di specifiche competenze sia tecniche che di conoscenza scientifica nell’ambito della riproduzione umana; le mansioni che svolge principalmente sono tecniche di procreazione assistita come la manipolazione dei gameti, la diagnosi genetica pre impianto e anche la crioconservazione di embrioni e gameti ma ha anche mansioni più diagnostiche come lo spermiogramma, inoltre si occupa del controllo e della qualità del laboratorio che è importante per poter garantire degli ottimi risultati.
Il laboratorio di PMA deve rispettare, indipendentemente dalla struttura all’interno della quale si trova, tre caratteristiche principali: deve essere situato vicino alla sala operatoria perché nel momento del pick-up, cioè del prelievo degli ovociti questi non devono subire alcun tipo di stress e devono essere mantenuti a una temperatura costante di 37 gradi, deve essere munito di una sala specifica per le criobanche questo perché le sale dove sono conservati gameti ed embrioni sono locali che hanno bisogno di essere monitorati sette giorni su sette h24 per poterne garantire la perfetta conservazione; in ogni laboratorio è poi importante prestare attenzione all’illuminazione, che può inficiare sullo sviluppo e la natura del delicato materiale che viene gestito al suo interno così come la pressione, la pulizia dell’aria e la temperatura.
Una domanda che viene spesso posta dalle pazienti è relativa a dove vengono coltivati gli embrioni, questi vengono coltivati all’interno di incubatori che sono essenzialmente degli strumenti che simulano le condizioni fisiologiche dell’apparato riproduttivo femminile ed hanno una temperatura controllata e la presenza di gas, ossigeno e co2 anch’essi controllati per rispecchiare le condizioni del microambiente dell’apparato riproduttivo femminile. Gli incubatori possono essere di diverso tipo a seconda della scelta della clinica e possono essere classici, muniti di camera individuale per paziente oppure incubatori time-lapse che permettono di monitorare e registrare i singoli embrioni per singola paziente in tempo reale. All’interno degli incubatori, gli embrioni sono disposti in delle piastre di coltura che sono sostanzialmente dei contenitori in plastica all’interno dei quali l’embriologo o il biologo competente ripone dei terreni di coltura che contengono le sostanze necessarie per lo sviluppo embrionario, esistono diversi tipi di piastre a seconda del modello ma hanno tutte lo stesso funzionamento e non ne esiste una tipologia migliore dell’altro.
La crioconservazione è la procedura attraverso la quale gameti e embrioni vengono conservati e immersi in soluzioni che contengono crioprotettori ovvero sostanze che proteggono le cellule che poi verranno esposte a temperature bassissime, (parliamo di -196°) in azoto liquido.
Nella linea del tempo di un laboratorio di PMA si parte da un giorno definito giorno zero fino ad arrivare al giorno 5 o 6, quindi partendo dal giorno della fecondazione e arrivando fino al momento in cui l’embrione sarà trasferito questo corrisponde esattamente al processo che si instaura e sviluppa nell’apparato riproduttivo femminile fino al giorno successivo al sesto in cui l’embrione si va ad impiantare all’interno dell’endometrio uterino per dare poi origine all’eventuale gravidanza. Il giorno zero corrisponde al giorno in cui viene effettuato il pick-up cioè il prelievo degli ovociti, una volta prelevati e portati alla sala operatorio mantenendo la temperatura costante di 37°, il biologo procede con la selezione degli ovociti maturi ovvero solo quelli che saranno poi sottoposti a fecondazione e parallelamente si viene preparato il seme; a questo punto si può procedere o con crioconservazione dei gameti (per ragioni sociali o mediche) oppure si procede sottoponendoli a tecniche di fecondazione assistita; si può procedere con la FIVET che consiste nell’avvicinamento fisico del gamete maschile all’ovocita, oppure la ICSI, ovvero l’inserimento attraverso un ago, dello spermatozoo all’interno dell’ovocita e verranno riposti nella cultura embrionaria dove si lascerà che procedano con il loro sviluppo all’interno degli strumenti predisposti. Il giorno successivo l’embriologo effettua una valutazione per verificare come sono andate le fecondazioni effettuate il giorno precedente e se tutto è andato correttamente dovrà trovarsi di fronte uno zigote o addirittura già una prima divisione cellulare, in caso contrario si troverà purtroppo di fronte a del materiale non evolutivo, risultato di una fecondazione non andata in porto. Il giorno due continua poi il processo di divisione cellulare fino a raggiungere lo stadio in cui si avranno due o quattro cellule oppure ci si può trovare di fronte ad un arresto del processo evolutivo; il giorno tre in cui ci si troverà di fronte ad uno strato di quattro/otto cellule può essere considerato il primo giorno decisivo poiché a seconda della politica della clinica o delle necessità della coppia o del paziente si può decidere di trasferire l’embrione oppure continuare con la coltura embrionaria, nel caso in cui si decida di procedere con la coltura, si raggiunge un ulteriore stadio chiamato morula nel quale non è più visibile la divisione cellulare, ma sarà visibile una massa più compatta perché a questo stadio le divisioni sono talmente numerosi da non essere più individuabili. Si arriva a questo punto al fatidico quinto giorno in cu si ha la formazione della blastocisti per la quale si possono palesare tre diversi destini: può essere trasferita a fresco cioè direttamente dalla coltura all’endometrio uterino oppure può essere congelata per svariate ragioni tra cui la necessità ad esempio, che la paziente ricevente debba essere preparata attraverso una specifica terapia per accogliere l’embrione che verrà al momento opportuno scongelato e trasferito, in un ulteriore caso si può decidere di procedere con una diagnosi genetica preimpianto; questa si effettua staccando una piccola parte dell’embrione attraverso una procedura invasiva ma non letale per l’embrione, questo campione viene mandato al laboratorio di genetica che dopo alcuni giorni sarà in grado di dire se l’embrione sottoposto ad esame presenta o meno anomalie genetiche o cromosomiche, nell’attesa di ricevere queste informazioni l’embrione verrà congelato.
Nella slide riassuntiva che la Dottoressa propone è possibile vedere il raffronto tra le immagini recuperate dagli incubatori time-lapse e le immagine esemplificative del processo di sviluppo embrionario e viene illustrata anche una particolare casistica in cui, al giorno 5 si può verificare un fenomeno chiamato HATCHING in presenza del quale è possibile vedere l’embrione che l’embrione vuole uscire all’esterno del suo involucro perché è pronto per impiantarsi all’interno dell’endometrio uterino.
Il time-lapse non ha un’effettiva rilevanza nello sviluppo dell’embrione ,si tratta dell’evoluzione di uno strumento grazie al quale è possibile non disturbare l’embrione durante il suo sviluppo, esistono ad oggi centri con efficienza altissima che non si avvalgono di questo strumento dato che non ha rilevanza in merito alla capacità di ottenere il nostro risultato ; è invece importante dal punto di vista della ricerca perché permette di monitorare lo sviluppo dell’embrione.
In questi casi sarebbe utile conoscere tutta la storia della coppia e della paziente per fornire una risposta più precisa, diciamo che se ci basiamo solo sull’aspetto statistico, possiamo dire che un evento come quello dell’aborto è abbastanza probabile in natura e se tale avvenimento si è verificato una sola volta non è indicativo al riguardo. Avendo comunque un evento simile alle spalle, consiglierei, se possibile, di effettuare la diagnosi genetica preimpianto per poter così conoscere a priori la situazione e non andare incontro ad un ulteriore insuccesso evitando un nuovo trauma psicologico non indifferente per la donna. Statisticamente in ogni caso teniamo presente che tale evento può verificarsi nuovamente e può coinvolgere anche donne che concepiscono naturalmente, l’equipe di riferimento che segue la coppia, potrà consigliare di svolgere questa ulteriore indagine se lo riterrà necessario poiché è comunque necessario valutare diversi aspetti relativi alla coppia.
Il tipo di blastocisti non è in grado di fornirci alcun tipo di informazione sul suo aspetto cromosomico, soltanto tramite la diagnosi genetica preimpianto e la PGT (test genetico preimpianto) possiamo recuperare informazioni di questo tipo.
Immagino che la paziente faccia riferimento alle analisi effettuate in merito alla PGT, queste dipendono dalla storia della coppia e dal motivo per cui si devono essere effettuate, è importante sapere se vi si ricorre perché si sono verificati aborti o se, ad esempio, sono già state fatte analisi genetiche sulla coppia e si è a conoscenza della possibilità di incorrere in patologie genetiche specifiche. Si può valutare la presenza di patologie monogeniche, quindi legate ad un singolo gene oppure si può valutare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche quindi di un diverso numero di cromosomi rispetto a quello che normalmente sarebbe corretto, ovviamente ogni storia è a se e deve essere valutata attentamente e in maniera specifica per effettuare le indagini più appropriate.
L’incubatore è realizzato in modo tale da rispecchiare esattamente le caratteristiche necessarie alla crescita dell’embrione e si è visto e dimostrato scientificamente che non va ad alterarne lo sviluppo, non può generarsi alcun tipo di problema come ad esempio eventuali infezioni, rispecchia al 100% l’ambiente all’interno dell’apparato riproduttore femminile e proprio per questo motivo funziona correttamente e fa si che l’embrione si sviluppi.
Ad oggi, grazie all’evoluzione della tecnica no, vengono effettuati giornalmente milioni di test genetici preimpianto e l’embrione non subisce alcun tipo di alterazione o compromissione nella stragrande maggioranza dei casi.
Questo aspetto rientra nelle mansioni del biologo, si devono rispettare determinati canoni e linee guida predisposti dal ministero della sanità ed ogni centro di PMA è costantemente sottoposto a controlli poiché è annoverato nelle liste delle banche di organi essendo embrioni e ovociti considerati a tutti gli effetti come questi ultimi in quanto parti del corpo umano. È necessario mantenere l’ambiente pulito e controllato e per questo i vari laboratori sono dotati di allarmi e spie che si attivano al verificarsi di ogni minima variazione riducendo al minimo la probabilità che si possa incorrere in anomalie di sorta poiché queste ultime verrebbero controllate e segnalate in modo tale da poter intervenire e porvi rimedio.
In Italia così come in Europa, la figura dell’embriologo clinico è abbastanza combattuta a livello di riconoscimento poiché all’interno dei laboratori si possono trovare diverse figure preposte a questo ruolo essendo richieste, per svolgerlo conoscenze di biologia di base ,una specializzazione e qualunque tipo di master può indirizzare verso questa professione, ultimamente la SIERR (Società italiana di Embriologia, Riproduzione e Ricerca) sta lavorando molto in tal senso cercando di proporre scuole di specializzazione per l’ingresso dell’embriologo clinico anche negli ospedali come figura riconosciuta; in tutta Europa ad oggi l’unico riconoscimento ufficiale è quello della ESHRE che effettua ogni anno, nell’ambito del congresso europeo, un esame che è ciò che maggiormente si avvicina al riconoscimento di embriologo clinico, al di là di questo potremmo riassumere che ciò che maggiormente conta ad oggi per poter essere riconosciuti in questa figura è l’esperienza, più anni di pratica si fanno più embriologici clinici si è.
Come in ogni mestiere deve essere preparato sul campo sia a livello pratico che teorico, deve avere una preparazione scientifica di base, deve mantenersi sempre aggiornato e possedere un continuo interesse nella materia con il desiderio di leggere tutto ciò che riguarda la letteratura scientifica, conoscere le nuove scoperte nel suo campo specifico e non solo e, non meno importante, la predisposizione al lavoro di squadra poiché un embriologo clinico lavora in ambienti di laboratorio relativamente piccoli ed è quindi a stretto contatto costante con i colleghi con i quali, come in ogni lavoro, è importante riuscire a lavorare nelle migliori condizioni.
La procedura di posizionamento, prevede che durante il transfer si inserisca il catetere e venga poi rilasciato l’embrione, questo procedimento viene svolto ecograficamente ma possono essere milioni le variabili che entrano in gioco e per le quali l’embrione non si va ad impiantare esattamente nel punto in cui viene rilasciato, può dipendere dalla natura dell’endometrio, talvolta dalla velocità con cui viene inserito, tendenzialmente è un evento che non si verifica o accade con molta difficoltà; il fatto che la blastocisti di cui parliamo sia crioconservata non influisce in alcun modo.
Ad oggi fortunatamente le tecniche sono fortemente migliorate ed evolute tanto da garantire il 99% della sopravvivenza dopo crioconservazione sia che si parli di embrioni che di ovociti quindi il livello di efficienza è molto alto. Da un punto di vista microscopico può accadere che la blastocisti subisca dei piccoli movimenti, ma una volta posta nel terreno di coltura successivamente alla scongelazione, ritrova il suo equilibrio e si resetta. In linea generale non esiste una differenza statistica tra il congelato ed il fresco tanto è vero che dopo diagnosi preimpianto si congela e si scongela nuovamente, oggi possiamo dire di essere arrivati ad un punto in cui la crioconservazione è una tecnica di routine e non inficia in alcun modo il risultato finale ,questo vale anche per gli ovociti che sono ovviamente cellule estremamente più delicate della blastocisti e vengono per tanto trattate in modo appropriato, con maggior cura e delicatezza perché si tratta di materiale più delicato, anche qui comunque il tasso di sopravvivenza successivo alla crioconservazione è alto e non crea estrema preoccupazione nell’embriologo clinico che lavora in laboratorio.
La procedura ICSI deve essere svolta da un biologo che abbia un training molto lungo e sia in grado di effettuarla in maniera corretta ,è importante che il personale sia riconosciuto e qualificato; oltre a questo si possono applicare tutta una serie di piccole accortezze che appartengono ai protocollo e alla routine che appartengono a tutti i laboratori come ad esempio posizionare l’ovocita in un determinato modo per effettuare l’inserimento dello spermatozoo, ma non si può fare niente al di fuori di questo ,se la qualità dell’ovocita è buona, lo spermatozoo è buono e la ICSI viene effettuata da personale qualificato la percentuale di successo sarà sicuramente alta
La tecnica di crioconservazione cristallizza una determinata situazione quindi ciò che avevamo prima di iniziare questo processo corrisponde a ciò che avremo a processo terminato, pensare per tanto che lo stato della blastocisti possa migliorare è un po’ difficile. D’altro canto se una blastocisti parzialmente degenerata viene congelata significa che si ritiene abbia comunque una possibilità di successo altrimenti non si procederebbe a crioconservare qualcosa che già si sa avrà un esito fallimentare; i motivi per cui può essere degenerata possono essere molteplici e purtroppo non si possono sapere, possono essere fattori genetici così come fattori di qualsiasi altra natura ciò che è bene comprendere è che il processo di crioconservazione non va ad intaccare il risultato finale.
Dopo il pick-up ,il biologo inizia ad osservare al microscopio tutti gli ovociti e tra questi seleziona solo quelli maturi che sono tendenzialmente tutti in grado di garantire un concepimento ( questa è la caratteristica a priori più importante); il momento in cui si potrà effettivamente valutare se gli ovociti sono in grado di dare origine ad un embrione evolutivo è successivo alla fecondazione grazie alla valutazione del corretto susseguirsi tutti gli stadi richiesti, quindi quello di zigote poi la divisione in varie cellule la morula e la blastocisti.
Si, assolutamente, esistono diversi procedure che permettono di farlo, ma in generale sia che ci si sottoponga a IUI o ad ICSI o ad una FIVET, il campione di seme viene “potenziato” e in taluni casi si applicano protocolli per migliorarlo, si va dallo swim-up (tecnica per la separazione degli spermatozoi motili) al gradiente fino all’aggiunta di sostanze che permettono di renderlo più reattivo alla fecondazione.
Purtroppo non possiamo saperlo con esattezza, tendenzialmente si tratta di caratteristiche genetiche, parliamo di cellule che hanno dei difetti genetici e quindi l’embrione, naturalmente, in qualche modo si rende conto che non può proseguire nel suo processo di sviluppo, il perché potremmo dire sia di natura puramente biologica e non c’è niente purtroppo che possiamo fare per migliorare gli embrioni a priori.
L’embryoscope, non migliora in alcun modo il destino dell’embrione, questo una volta fecondato, sia che sia riposto in un incubatore normale che in un embryoscope, non muta il suo destino, l’unica differenza sta nel fatto che monitorandolo giornalmente senza stressarlo avremo una visione generale dell’embrione, l’embryoscope, potremmo riassumere, è un arricchimento di informazioni utili per l’embriologo per poter valutare lo stato dell’embrione, non esiste però alcuna differenza in merito alle probabilità di attecchimento o di sviluppo di quest’ultimo in funzione del tipo di incubatore all’interno del quale viene riposto.
Gli ovociti sono cellule di dimensioni molto piccole, visibili al microscopio e la loro grandezza è costante prima e dopo il congelamento, proprio perché quest’ultimo ne garantisce la natura senza provocarne variazioni, esistono casi in cui ci troviamo di fronte ad ovociti non normali, che sono estremamente più grandi degli altri ma non si susano ai fini della fecondazione perché potrebbe trattarsi di materiale compromesso stante la non corrispondenza con ciò che dovrebbe essere in natura. Il congelamento quindi non inficia ne’ le dimensioni ne’ la natura degli ovociti.
Con il termine PGT ci riferiamo alla diagnosi genetica preimpianto che si svolge quando viene raggiunto, dopo circa cinque/ sei giorni, lo stadio di blastocisti, quest’ultima è formata da una piccola massa interna che darà poi vita all’embrione ed una massa esterna, che potremmo descrivere come il perimetro, che darà invece origine agli annessi embrionali che. A loro volta, daranno origine alla gravidanza; quello che viene fatto è un prelievo di alcune cellule della parte esterna (senza compromette in alcun modo la parte centrale dell’embrione )avvalendosi di un particolare ago, queste vengono poi inserite in una provetta e mandate al laboratorio di genetica; la blastocisti verrà congelata in attesa del referto e quando quest’ultimo darà esito positivo o negativo a seconda del caso, la blastocisti verrà scongelata e si procederà con il transfer.
Si tratta di materiale inutilizzabile poiché non ha generato niente e conseguentemente viene trattato come rifiuto biologico ed eliminato perché degenererebbe comunque in maniera autonoma per un processo naturale.
Il numero dei soggetti che lavorano all’interno del laboratorio dipende dalla grandezza di quest’ultimo, dalle dimensioni della clinica, dal numero di pazienti seguiti, statisticamente si parla di un numero compreso tra 5 e 10 embriologi nei centri medio grandi ( oltre in taluni casi alla presenza di tirocinanti); in merito alle funzioni, queste dipendono dalla politica applicata dalla struttura, in alcune è richiesto a tutti gli embriologi di svolgere tutte le funzioni in altre, al contrario, che ognuno svolga una singola funzione occupandosi ad esempio di andrologia o di ICSI o di PGT.
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