Prof. Claudio Manna
Direttore di Biofertility – Centro per l’Infertilità e la Riproduzione Assistita, Centro Biofertility
Categoria:
Endometriosi, Età materna avanzata, Tassi di Successo, Valutazione della fertilità
In questa nuova sessione della EFS Italia, European Fertility Society, il Prof. Claudio Manna, Ginecologo e Direttore di Biofertility, Centro per l’Infertilità e la Riproduzione Assistita, spiega l’importanza di un trattamento PMA personalizzato e come questo può aiutare a raggiungere i migliori risultati anche nei casi in cui le probabilità di successo di una gravidanza sono molto basse.
La personalizzazione è al centro di tutto per dare la massima possibilità di successo e deve essere una personalizzazione medica da un lato e umana dall’altro ,a seconda di come le varie tecniche vengono applicate si possono avere risultati molto diversi, i risultati pubblicati negli stati uniti che vengono pubblicati centro per centro danno conferma di questo aspetto e dallo schema illustrato dal professore è possibile vedere come le percentuali cambiano a livello di risultato, anche in maniera evidente, e tali differenze sono dovute sia alla qualità dei centri in cui si opera, sia alla personalizzazione che si riesce a fornire caso per caso. Dalla statistica pubblicata dal professore, relativa al confronto tra i dati di Regno Unito e Italia in merito alla percentuale di parti per transfer, si è visto che nel 2018 in UK, con un’ età media di 35 anni e mezzo la percentuali era di 22 e in Italia di 17,7 anche se su un’età media maggiore, in Italia però si è riscontrato un 26,8 % di parti per transfer con un’ età media di 37,3 anni in pazienti che mediamente avevano già alle spalle oltre 2 fallimenti, in pazienti di età >= a 40 anni, la percentuale è risultata dell’11,1 % in pazienti che presentavano un percorso di pregressi tentativi anch’esse con oltre due fallimenti ed in pazienti di età >= a 43 anni il 6,4% di parti per transfer. Per questo il professore sostiene l’importanza della personalizzazione.
Indubbiamente hanno rilievo fattori individuali del paziente come l’età, la riserva ovarica e la causa alla base dell’infertilità, ma è importante anche la qualità del centro di PMA che a sua volta è legata alla personalizzazione del trattamento.
La personalizzazione prevede la presa in considerazione di tutta una serie di fattori relative alle caratteristiche mediche del paziente, che sono rilevanti ai fini della condizione di infertilità, ad esempio la gestione di problemi metabolici e collegati all’infertilità come obesità, sindrome dell’ovaio policistico , endometriosi, circostanze nelle quali è fondamentale ridurre il peso e ridurre l’infiammazione metabolica per far sì che sia migliore la risposta alla stimolazione e la qualità ovocitaria e, al contempo, per permettere di ridurre la patologia ostetrica che può sopravvenire una volta instaurata la gravidanza, come il tasso di abortività, la probabilità di parto pretermine e le infezioni. Tra le modalità di personalizzazione va ad esempio inserito il monitoraggio del progesterone durante la stimolazione, questo è importante perché se il suo valore è molto alto, generalmente se supera 1,5 può ridurre la recettività endometriale e la qualità ovocitaria e degli embrioni, è necessario quindi accorgersi di questi eventuali aumenti e non consentirli attraverso monitoraggi costanti ed attenti che possono necessitare di essere svolti nel week end e che potrebbero richiedere che il pick-up stesso sia effettuato nel week end; nello schema illustrato dal Professor Manna è visibile proprio come la percentuale di gravidanze e di parti diminuisca quando il progesterone sale oltre il valore precedentemente indicato e questa proporzionalità è dimostrata da numerose ricerche scientifiche, così come la diminuzione della qualità della blastocisti quando il progesterone è troppo elevato il giorno in cui si somministra l’HCG. La chiave del successo è quindi da ricercare proprio nella personalizzazione, sia prima che durante che dopo la PMA, monitorando l’estradiolo e il progesterone ma personalizzando anche il rapporto empatico con la coppia, tutto questo è costoso ma giustificato sicuramente dal fine che si vuole ottenere.
In molti casi questo è possibile ed è documentato tale miglioramento in seguito all’utilizzo di varie terapie; oltre alla qualità dello stile di vita, importanti sono la dieta, l’utilizzo di integratori come ad esempio il coenzima q10 e anche il deidroepiandrosterone (DHEA), un ormone in grado di aumentate la riserva ovarica.
Il professore illustra poi un caso importante che è stato possibile gestire proprio avvalendosi della personalizzazione. Una paziente di 35 anni con endometriosi al 4 stadio e forte dismenorrea, nel 2013 affetta da idro sactosalpinge con cisti endometriosiche che hanno determinato l’asportazione delle tube, presenza di placche endometriosiche del sigma retto e addirittura una setticemia. Nel 2019 sottoposta ad intervento per ulteriore endometriosi e sindrome aderenziale addomino-pelvica completa con asportazione di placche endometriosiche, ulteriori interventi per corpi lutei emorragici e recidive frequenti di follicoli luteinizzati; ad un certo punto del percorso, il valore dell’FSH era arrivato a 14 e la conta dei follicoli antrali era compresa tra 5 e 7 e anche l’endometriocoltura risultava positiva, si è quindi proceduto con specifiche integrazioni e si è effettuato, nello stesso anno un tentativo di stimolazione per PMA che è stato interrotto per scarsa crescita follicolare, a questo punto il professore decide di tentare con il ciclo naturale con una lievissima stimolazione ottenendo lo sviluppo di due follicoli, due ovociti maturi e due embrioni entrambi di grado 1°: si ottiene la gravidanza e un parto gemellare. In questo caso la scelta di una personalizzazione estrema ha permesso di ottenere il risultato sperato, si è effettuato un monitoraggio attento e costante, tanto da far sì che una volta visto il valore dell’LH aumentato, essendo in ciclo naturale si sarebbe potuta verificare un’ ovulazione prima del pick-up, e si è quindi anticipato quest’ultimo intervenendo in serata alle 20 ( da qui l’importanza di un centro operativo 24h/24h 7giorni/7 giorni) , dopo aver contattato l’anestesista, per poi effettuare la procedura.
Partendo dal presupposto che è molto importante poter personalizzare la procedura di pma, esistono alcuni criteri che possono essere presi in considerazione per poter valutare un buon centro, ad esempio il fatto che il centro sia operativo sette giorni su sette, questo è molto importante perché se durante la stimolazione, per esempio, il monitoraggio ci dice che il diametro dei follicoli è abbastanza grande, se si attende troppo questo diametro potrebbe risultare troppo grande, se ad esempio il venerdì si fosse raggiunto il corretto diametro e ancor di più se il valore dell’estradiolo fosse eccessivo, non sarebbe possibile attendere troppo, e se anche il progesterone stesse aumentando di valore arrivando quasi al limite, non si può attendere il lunedì per il pickup perché potrebbe essere troppo tardi, se quindi il venerdì si valutasse di aver raggiunto il punto critico, il pickup dovrà essere effettuato la domenica; altro esempio può essere quello in cui il venerdì la situazione non risulta ancora ben definita ed è quindi necessario utilizzare ulteriori giorni per il monitoraggio, questi giorni saranno sabato e domenica perché in quei due giorni potrebbe risultare dal monitoraggio, che la paziente si trovi nel momento adatto affinché le venga somministrato Ovitrelle o GONASI. Importante è anche la misurazione del progesterone, che purtroppo non viene eseguita da tutti i centri, sebbene sia stato dimostrato in maniera incontrovertibile in tutto il mondo, quanto il progesterone influisca sia sulla qualità dell’endometrio, che può diventare non ricettivo agli embrioni, sia sulla qualità di ovociti ed embrioni e questo aspetto dimostra che, se l‘endometrio non è ricettivo per l’eccessivo aumento dei livelli di progesterone, crioconservare gli embrioni non sarà utile stante il fatto che questi ultimi sono, in merito alla loro qualità influenzati dal valore del progesterone stesso. E’ poi prassi, nel mio operato, informarmi in merito a quanti erano fossero presenti e quanti ovociti sia stato possibile raccogliere negli eventuali cicli precedenti; anche l’ESCRE qualche anno fa ha stabilito alcuni criteri biologici per stabilire se un dato laboratorio stia operando secondo la normalità o se ci siano dei problemi ,suddividendoli tra quelli che operano al disotto di questo standard e quelli che operano al di sopra, definendo questi ultimi dei top “quality laboratories”, ed ha stabilito che mediamente, rispetto ai follicoli misurati alla fine della stimolazione, si dovrebbero raccogliere tra l’80 e il 95% di ovociti ,su 10 follicoli si dovrebbero raccogliere 8/9 ovociti; se si hanno costantemente valori al di sotto di questo riferimento, potrebbero esserci alcuni problemi in questa fase ,problemi a livello di stimolazione o monitoraggio, ma ci possono essere anche problemi legati alla modalità di effettuazione del pickup oppure in laboratorio potrebbero non essere stati individuati tutti gli ovociti, nelle procedure svolte personalmente, sono i pazienti stessi a poter controllare la fase del pickup potendo vedere quanti follicoli sono a disposizione e quanti di questi vengono aspirati. Un ulteriore criterio è quello relativo al numero di ovociti maturi che vengono raccolti e che dovrebbe essere compresa tra il 70 e il 90% inoltre la fecondazione dovrebbe essere superiore almeno al 65 % e la percentuale di blastocisti che si formano dovrebbe superare il 40%; un ultimo riferimento dovrebbe essere quello che ci dice che su 10 cicli iniziati, si dovrebbero raggiungere almeno 1 o 2 parti.
Assolutamente si, già parecchi anni addietro ,avevo notato che diversi centri americani, avevano degli ottimi risultati utilizzando la personalizzazione delle procedure ed ho ritenuto fosse importante provare a seguire questo modus operandi, arrivando così a riscontrare personalmente che la differenza nei risultati è davvero importante soprattutto nei casi che presentano maggiori difficoltà ad esempio con pazienti di età più elevata e con le quali una maggiore attenzione permette di proteggere maggiormente gli ovociti e gli embrioni, mettendoli nelle condizioni di svilupparsi molto meglio; lo stress subito dagli ovociti di una paziente di quarant’anni è indubbiamente maggiore di quello che riguarda una paziente di giovane età a parità di condizioni, anche a livello di laboratorio. L’esperienza ha poi confermato come la personalizzazione sia importante, al punto tale da riuscire a procedere senza dover ricorrere all’ovodonazione, anche con pazienti provenienti da centri in cui si era tentato solo con questa opzione.
In questo caso specifico, è vero che la paziente sia avvale dell’ovodonazione, utilizzando ovociti di una donna più giovane, ma non bisogna dimenticare che entra in gioco nella procedura ,l’endometrio che può determinare l’impianto o meno della gravidanza e la relativa prosecuzione della stessa, quindi un endometrio che presenta delle problematiche può interferire sia in una procedura di tipo omologo che di tipo eterologo, sia per quanto riguarda la fase di impianto, sia per quella successiva di prosecuzione della gravidanza qualora l’impianto avvenisse regolarmente. Prendiamo ad esempio il caso di una paziente affetta da endometrite, un’infezione dell’endometrio che avrebbe bisogno di essere curata prima di iniziare la procedura al fine proprio di evitare i problemi sopracitati, è quindi consigliabile effettuare gli esami per poter escludere problematiche di questo tipo, ad esempio l’isteroscopia ed in aggiunta esami specifici come la ricerca, nella biopsia dell’endometrio , della presenza di plasmacellule ovvero cellule che, se sono presenti, sono indice di infiammazione, in questo caso si dovrà procedere prima con la risoluzione del problema infiammatorio e poi con il transfer. Nel corso degli anni si è poi scoperto che l’endometrio non ha importanza solo nella primaria fase di impianto dell’embrione, ma anche nella successiva di sviluppo poiché è quello che si trasformerà in placenta dalla quale dipenderà il benessere dell’embrione impiantato e del feto, nello specifico dipenderà sia alla placenta che dalla parte esterna della blastocisti chiamata trofoectoderma, quindi è importante controllare sia il buono stato dell’endometrio che la qualità della blastocisti (per la parte relativa al trofoectoderma),ma non devono al contempo essere sottovalutate altre condizioni mediche della paziente, come ad esempio problemi di obesità, presenza di ovaio policistico o insulino-resistenza ,che possono influire negativamente sia sull’endometrio che sulla placenta. Con sempre maggiore frequenza, abbiamo poi riscontrato che anche l’aspetto psicologico con cui la paziente affronta il trattamento ha un’influenza sull’esito della procedura, in particolar modo se la paziente è fortemente ansiosa, questo può influire negativamente e al fine di valutare questi livelli di stress, abbiamo creato degli specifici questionari da sottoporre alle pazienti in modo tale, qualora da questi risultino degli elevati livelli di stress, da poter predisporre dei percorsi, guidati dalla psicologa che fa parte del nostro centro, per poter intervenire e abbassare questi livelli.
Può dipendere in certi casi dalla qualità del centro, ma può dipendere dalla qualità della blastocisti stessa, se questa infatti non è di buona qualità ha indubbiamente maggiori difficoltà a resistere sia al congelamento che allo scongelamento; la qualità della blastocisti dipende poi a sua volta da diversi fattori, dalla qualità degli ovociti dai quali proviene ad esempio, dipende da come è stata gestita la formazione dell’embrione, perché in questa fase anche l’ambiente di laboratorio è importante per garantirne una buona crescita, la loro resistenza o meno può dipendere anche dal modo in cui vengono maneggiati sappiamo infatti che la vitrificazione e lo scongelamento, sono procedure difficili fortemente operatore-dipendenti e quindi necessitano di una grande esperienza.
Attualmente il limite che pongo all’interno del mio centro per immaginare delle possibilità di successo è quello di 44 anni, età in presenza della quale siamo riusciti ad ottenere ottimi risultati operando con la procedura omologa. Nei casi specifici i successi sono stati dovuti alla grande personalizzazione della procedura, ma anche all’atteggiamento con cui le pazienti hanno affrontato l’intero percorso che è l’atteggiamento che definisco riproduttivo, cioè quello giusto per gestire questa situazione e che, sebbene non ne conosciamo ancora il motivo, è quello ottimale per garantire il successo dell’intera procedura. Anche la somministrazione di integratori ed ormoni come l’ormone della crescita, il DHEA o il coenzima q10, che possono migliorare la qualità degli ovociti sono da tenere in considerazione
Anche questo aspetto è legato alla personalizzazione; se il medico opera nella convinzione che tutto è uguale e che niente può essere modificato qualsiasi cosa venga fatta, come è possibile avere la speranza di dare al paziente un esito positivo e di successo? Il medico non perde la speranza se crede fortemente in ciò che fa, nella possibilità di migliorare e se riesce a trasmettere questa positività al paziente che ne ha bisogno per essere incoraggiato nel percorso, è necessario per il paziente trovare speranza e convinzione nel medico per poter rafforzare la propria.
È importante capire ad esempio, da dove arrivano gli ovociti, se ad esempio vengono da una paziente che sottoposta a stimolazione, produce 30/35 ovociti, non possiamo pensare che la qualità di questi ovociti sia per tutti la medesima ed è quindi lecito che la ricevente si chieda quali saranno gli ovociti che verranno destinati a lei, la condizione ideale sarebbe quella in cui tutti gli ovociti prodotti dalla stimolazione della donatrice, venissero destinati alla medesima paziente, senza doverne comunque ottenere un numero eccessivo, ne saranno sufficienti 10/15 , perché anche un’eccessiva produzione di ovociti può abbassarne la qualità (sia nell’eterologa che nell’omologa) e si può correre il rischio di incorrere nell’iperstimolazione.
Fino ad oggi noi ci rapportiamo generalmente con pazienti di massimo 44 anni, la ricerca e la sperimentazione però vanno avanti e ci sono cose da un punto di vista medico sempre nuove, in alcuni casi molto selezionati, stiamo facendo tentativi anche con pazienti di 45 anni, onestamente però non mi sento di consigliarlo in maniera standardizzata.
La nostra esperienza è assolutamente positiva, sebbene ci siano ricerche che dicono non esistano differenze, l’esperienza a livello mondiale su questo aspetto è molto vasta e le casistiche più importanti, soprattutto la casistica australiana , ci dicono che in diversi casi, l’uso dell’ormone della crescita può dare una migliore risposta alla stimolazione ed anche una migliore qualità ovocitaria; si è infatti scoperto che nell’ovocita è presente il recettore per il fattore della crescita, ne deriva che se esiste “l’aggancio” una motivazione che ne giustifichi la presenza deve esserci, d’altra parte con l’età il livello dell’ormone della crescita nella donna diminuisce ,non per niente questo ormone viene definito ormone della giovinezza. In ogni caso non sono stati riscontrati effetti collaterali nell’uso di questo ormone e per questo sono favorevole al suo utilizzo.
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